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In prossimità della stagione ventura, sarà probabile un flusso di migranti e intorno a loro si crea sempre più un alone di negatività. Dopo questa breve premessa, si legge in una nota dell’agenzia europea della Guardia di frontiera e Costiera, meglio conosciuta come Frontex, che i migranti arrivati in Italia attraverso la rotta del Mediterraneo, a gennaio è salito più di 4.800. Ai dati Frontex risponde il Viminale sottolineando che è in calo de 49,93% rispetto allo scorso anno. Controreplica che precisa i suoi dati: il numero di migranti irregolari arrivati in Italia a dicembre 2017 era stato più basso in tre anni. Risaliti i numeri a gennaio 2018, restando però in linea con i dati di gennaio 2017 -95% rispetto ai primi 12 giorni di febbraio 2017. In merito, proprio il 13 Marzo il Ministero dell’Interno, per lavori di ristrutturazione ha deciso di chiudere l’Hotspot (che permette rispetto al passato centro di prima accoglienza la detenzione per un periodo massimo di 48 ore) di Lampedusa, dove le condizioni della struttura all’interno, che ospita almeno 150 migranti e richiedenti asilo sono disumane e degradanti, le stesse denunciate da autorità e associazioni. Forme di abuso e violazioni dei diritti sì verificano, ciò ne va del nostro stato di diritto, della qualità della nostra democrazia, della nostra capacità di accogliere, di partecipare. Di contro le dichiarazioni propositive e ottimistiche dei tavoli internazionali, la vita dei migranti, resta tuttavia minacciata gravemente. Il panorama si diversifica a secondo dei paesi dei flussi migratori, dall’anzianità migratoria, dall’inserimento nel mercato del lavoro e nella società. Quest’ultima contrassegnata dalla precarietà e da un’emarginazione ancora accentuata. Abusi e discriminazioni vanno dalla mancanza di protezione alla discriminazione da parte della legislazione nazionale. Bisognerebbe sensibilizzare l’opinione pubblica, modificando i pregiudizi dominanti e considerare la loro importanza, sotto il profilo economico, culturale e sociale. Non si può ridurre la pressione migratoria, ma massimizzare l’impatto positivo negli stati di provenienza e di destinazione attraverso un binomio di politiche migratorie e di cooperazione. L’apporto fornito dagli immigrati svolgendo mansioni che noi italiani troviamo troppo squalificanti, porta un contributo del 6,1% del prodotto interno lordo. Il lato oscuro consiste nel disagio e sfruttamento (ingressi clandestini, mercato sommerso, sfruttamento di stranieri) per non parlare dei pregiudizi come il pensare che portino malattie, sicuramente non condivisibile, e razzismo nella società. Non più un fenomeno emergenziale ma una presenza allargata e articolata in più generazioni che richiede risposte politiche, economiche e sociali. Dalla prima legge sull’immigrazioni del 1986 la legislazione italiana ha risposto con una normativa instabile, orientata al controllo dei flussi o ispirata a logiche repressive. Per quanto riguarda gli stupri solo il 4% degli immigrati stranieri. Concludendo, la cosiddetta immigrazioni fuori controllo che porterebbe allo scontro sociale è strettamente connessa col vedere gli immigrati come criminali, ma esprimendosi in merito, non c’è nessun legame diretto e si smentisce esplicitamente. Analizzando studi e ricerche, tutti i principali indicatori con cui misuriamo la criminalità sono diminuiti, quindi se i numeri parlano chiaro, non c’è stato alcun incremento di reati rispetto all’aumento della presenza di migranti. Esiste, invece, una relazione fondata ma dai confini ancora poco definiti, fra permanenza irregolare in Italia e criminalità.

Salvatore Cucinotta