di Gaetano Cellura  “Perché Moro è stato ucciso? – si chiede Enrico Deaglio (intervista alla Lettura del 29 dicembre scorso) – Ai Br avevano offerto soldi e riconoscimento, lui aveva confessato tutte le malefatte del potere italiano, il Papa si era inginocchiato, c’era una trattativa avanzata. E allora perché? Perché non hanno reso pubblici tutti i memoriali?”

Molte le piste da seguire per il coautore di C’era una volta in Italia. Gli anni Settanta. A cominciare dalla prigione di via Gradoli, in un condominio in cui hanno abitato funzionari dei servizi segreti, camorristi e brigatisti. E a proseguire con l’omicidio Pecorelli, la mafia, il lodo Moro, Sindona e il suo finto rapimento, Cuccia minacciato di morte, l’incredibile viaggio di Mario Moretti in Libano, sei mesi dopo l’omicidio del leader democristiano, con un panfilo acquistato dal brigatista. “Cose incredibili – aggiunge Deaglio – di cui neanche il Pci sembra accorgersi più di tanto”.

L’autore di C’era una volta in Italia rifiuta ogni idea di memoria condivisa, di pacificazione. Perché lui non ha nulla da condividere con Gelli, gli stragisti e i fascisti. Quegli anni, in cui  faceva il medico e andava in Mirafiori tra gli operai e pure il direttore di Lotta continua, quegli anni hanno segnato per Deaglio “la fine della vita collettiva degli italiani, la fine dell’ideologia e di una certa idea di società”. E ricorda il titolo di Lotta continua, il giornale sopravvissuto al partito, quando fu rapito Moro il 16 marzo del 1978: “È il gioco più pesante e sporco che sia mai stato provato sulla testa dei proletari italiani”.

Per lui Anni di piombo è una definizione ipocrita. Perché non ci sono state solo le P38 dei terroristi, ma anche gli attentati di destra, le bombe, i servizi deviati. Una storia che inizia apoditticamente alla fine degli anni Sessanta con la strage di Piazza Fontana. La morte di Moro, la sua camicia insanguinata è a quella strage che ci riportano. In quel momento comincia il decennio successivo, il più tormentato e tragico dell’Italia repubblicana. Di Deaglio abbiamo letto l’intervista: è il momento di leggerne il corposo volume.