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di Gaetano Cellura Sentiamo dire che in carcere l’anarchico Alfredo Cospito parla con i detenuti per mafia, che la mafia si serve del suo sciopero della fame per fomentare addirittura le proteste violente degli anarchici nelle città italiane. Contro lo Stato e a sostegno del loro compagno recluso. Questo sentiamo dire e ci chiediamo: ma con chi potrebbe parlare un detenuto al 41 bis se non con altri detenuti, in quello stesso carcere, cui è stata inflitta la stessa aberrante misura detentiva?

La misura, entrata in vigore trent’anni fa al tempo della stagione stragista di Cosa nostra, ha funzionato indubbiamente contro i mafiosi. Impedendo, una volta arrestati, ogni loro contatto con l’esterno. Una misura transitoria ed eccezionale per il nostro ordinamento, figlia dell’emergenza tragica di quegli anni. Lo Stato, sotto minaccia e sotto assedio da parte della criminalità organizzata, doveva rispondere con mano dura, non piegarsi al ricatto. E questo ha fatto: ottenendo – lo ripeto – ottimi risultati per i fini che si era proposto.

Ma ora sono passati trent’anni, è stato arrestato persino un latitante di lungo corso che sembrava imprendibile, l’Italia è uno dei paesi con il minor numero di omicidi, per certi aspetti un paese pacificato: non sarebbe dunque il caso di entrare nel merito del 41 bis, della sua illegittimità costituzionale per la quale siamo stati richiamati dalla Corte europea?

Le ultime intemperanze politiche e istituzionali, su cui sorvoliamo per carità di patria, di patria offesa, da giorni ci distolgono dal vero merito della questione. Che per quanto complessa (il magistrato Ardita ha detto ieri che il 41 bis è un provvedimento facile da applicare ma difficile da togliere) provo a racchiudere in alcuni punti. 1) Per Cospito, mi sembra un provvedimento eccessivo: e bene ha fatto la Direzione antimafia a proporne la sostituzione con il regime di Alta sicurezza, contrariamente al parere della Procura di Torino; 2) Il carcere duro contraddice l’articolo 27 della nostra Costituzione, che vieta i trattamenti inumani (una sola ora d’aria per i detenuti, isolamento totale in una cella 2×3 e divieto di tutto, persino di poter leggere un libro; 3) Sistema carcerario più da stato etico che da stato di diritto: da stato cioè che punisce la persona e non il reato. L’Unione delle Camere penali la pensa allo stesso modo e sempre ha ritenuto il 41 bis una barbarie giuridica.

Uno stato liberale può adottarlo, ma come misura eccezionale e temporanea. Oggi ci sono le condizioni, credo, per rivedere questa misura. Non doveva essere lo sciopero della fame del detenuto Cospito – uno sciopero che dura da più di cento giorni – a sollevare il dibattito su questo problema e sul suo merito specifico. L’Italia resta pur sempre il paese di Verri e di Beccaria. Ma spesso facciamo finta di dimenticarlo.