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di Gaetano Cellura C’è un modo di trovarsi uniti domani, 25 Aprile. Leggere Fenoglio, ricordarlo pubblicamente – Sinistra e Destra – nel giorno della Liberazione (non da tutti riconosciuto e ancora, settantotto anni dopo, motivo di polemica politica). Leggere alcune pagine di Una questione privata, la sua opera migliore benché lo scrittore di Alba sia più conosciuto per il romanzo Il partigiano Johnny, generalmente considerato il suo capolavoro.

Mi permetto di dare questo consiglio al sindaco di Licata in carica e ai tre candidati a prenderne il posto alla fine di maggio. L’invito che a loro rivolgo è di onorare la ricorrenza del 25 Aprile, deponendo una corona davanti alla lapide del partigiano Raimondo Saverino in piazza Progresso: e se lo faranno insieme sarà un forte segnale per la democrazia. Dimostreranno quanto pacifica e civile sia e sarà la competizione elettorale a Licata. All’insegna del rispetto reciproco e del valore dell’antifascismo.

Ma perché Beppe Fenoglio e non Pavese, Calvino o Vittorini?

Perché Fenoglio, diversamente dagli altri tre scrittori, ha demitizzato la Resistenza: anche i partigiani fucilavano i prigionieri. Calvino stesso ammise che Una questione privata è l’opera che alla Resistenza mancava. La più oggettiva. Quella in cui gli uomini sono uomini a prescindere – con uguali difetti, debolezze, opportunismi – quale ne sia il campo di appartenenza. Perché Fenoglio era “badogliano” (ha votato per la monarchia al referendum): partigiano azzurro animato dal forte spirito di giustizia. Perché andava alla guerra, dopo l’ignominia dell’8 Settembre, con la “Bibbia nello zaino e il fucile a tracolla”. Perché la propria opera ha dovuto più volte rivederla – e non solo per acribia, meticolosa pretesa di renderla letterariamente perfetta. Quanto per le continue modifiche che l’editore gli chiedeva.

La Malora uscì con una nota critica di Vittorini, nume tutelare dell’Einaudi, sul risvolto di copertina. Il che lo costrinse – giusta reazione – a interrompere i rapporti con la ben nota casa editrice. Per I ventitré giorni della città di Alba, in un mondo editoriale e culturale dominato dalla sinistra, subì la stroncatura dell’Unità. Che lo accusava di aver dato della Resistenza una versione caricaturale. Laddove Fenoglio aveva raccontato i fatti per come li aveva visti e vissuti. “Alba la presero in duemila il 10 di ottobre e la persero in duecento il 2 di novembre dell’anno 1944”. Tutti gli altri partigiani se ne stavano, sconsideratamente, alla fiera di Dogliani: a bere e a divertirsi con le ragazze.

Fenoglio unisce perché la sua è l’opera più sincera sulla Resistenza (Una questione privata è anche una storia d’amore in un contesto di guerra: di guerra nostra). Per cui leggiamone almeno qualche pagina soprattutto in questo 25 aprile di (possiamo dirlo?) strumentali divisioni. Leggiamole anche a Licata di fronte alla lapide di un nostro partigiano.