De Nicola durò poco: due anni. Il primo settennato completo fu quello di Einaudi: dal ’48 al ’55. Breve fu pure la presidenza di Antonio Segni, cui subentrò Saragat nel 1964. La prima votazione che ricordo. Sentivo alla radio la voce di chi presiedeva quella seduta. Durante lo spoglio, ripeteva: “Nenni. Pietro Nenni”. Fu eletto Saragat, invece. Il primo uomo di sinistra a salire al Quirinale. Un uomo di sinistra che piaceva poco alla sinistra. Per il suo moderatismo, il suo americanismo. Il democristiano Giovanni Leone, nei nostri ricordi giovanili, è legato alla campagna giornalistica contro di lui condotta da Camilla Cederna che lo indusse alle dimissioni qualche mese prima della naturale scadenza del mandato. Pertini fu amato, crediamo da tutti. E apprezzato – crediamo anche da tutti – fu Ciampi. Cossiga e Scalfaro divisero gli italiani, più di tutti. Uno profondamente diverso dall’altro. Uno odiato dalla sinistra, l’altro dalla destra berlusconiana. E Napolitano? Be’, se autorizzasse la pubblicazione delle sue intercettazioni con Mancino, lo stimeremmo di più. Di Gronchi (1955-1962) non abbiamo nulla da dire, se non che era democristiano. Ma forse non lo abbiamo studiato abbastanza. Molti sono stati gli episodi curiosi che hanno accompagnato le varie elezioni. Presidenti certi di diventarlo, ma all’ultimo momento nel segreto dell’urna impallinati dai franchi tiratori. Ne ricordiamo uno, di questi episodi. Quando fu eletto Luigi Einaudi, c’erano Vittorio Emanuele Orlando e il conte Sforza che aspiravano al Colle. Orlando fu “punito” dalla Dc perché aveva accusato i suoi dirigenti di “cupidigia di servilismo”. Anche Sforza perse il treno nel 1948. E Nitti nel transatlantico di Montecitorio dettò questa epigrafe: “Qui giace il conte Sforza. È questo l’unico posto cui egli non aspirò”. Aspettiamo ora il successore di Giorgio Napolitano. Tra gli aspiranti ci sono Amato, D’Alema e Prodi. Ma i migliori son quelli indicati dai grillini. Bravi, questa volta, a fare delle proposte serie.
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