Continua la battaglia anti trivellazione del Comitato Comitato Popolare contro le trivelle di Licata. Una delegazione è stata presente all’assemblea generale degli azionisti Eni.
Nella giornata di ieri si è svolta, a Roma, l’Assemblea generale degli azionisti di ENI.
Il comitato, in quest’occasione, ha messo in atto la pratica del cosiddetto azionariato critico partecipando direttamente ai lavori con dei propri rappresentanti, presenti in qualità di delegati di
alcuni azionisti.
Nei giorni precedenti avevamo rivolto alla presidenza e all’amministratore delegato di Eni, per iscritto, cinque domande relative al progetto offshore Ibleo. In particolare erano stati richiesti aggiornamenti sullo stato dei lavori, sul rispetto delle prescrizioni ministeriali a seguito della Valutazione di impatto ambientale, sulle numerose modifiche apportate rispetto al progetto originario, sul perché della rinuncia allo sfruttamento del campo Panda, sugli aspetti economico-finanziari, sul rapporto costi-benefici, e sul se, e in che misura, fosse stata affrontata la questione dell’impatto sull’economia dei territori coinvolti.
A fronte di domande tecniche e specifiche, le risposte fornite dall’azienda, per iscritto, si sono rivelate generiche, vaghe e facevano riferimento a elementi noti già dal 2017: ENI nulla ha riferito in merito alle ulteriori modifiche e non è stata fatta nessuna menzione dei pozzi del campo Panda.
L’unico elemento evidenziato è stata la rinuncia alla costruzione della piattaforma Prezioso K. In breve, ancora una volta, è stata rilevata un’enorme carenza di trasparenza e in tutte le risposte, si
parla di un’operatività che dovrebbe avvenire nel 2021 in concomitanza con l’ultimazione delle opere all’interno della ex Raffineria di Gela, ma non una parola è stata proferita sull’andamento dei lavori e sul cronoprogramma delle attività.
La totale mancanza di trasparenza e l’evasività delle risposte fornite sono state evidenziate nel corso dell’intervento dei nostri attivisti nel corso dell’assemblea: in questa circostanza, la presidente Marcegaglia e l’amministratore delegato, Descalzi, hanno palesato un’evidente nervosismo ed è parso lampante il fatto che ENI non avesse idea di come debba svilupparsi il progetto, tanto più che i suo massimi rappresentanti non sono stati in grado di fornire agli azionisti, nell’ambito dell’assemblea generale, informazioni relative a un’attività che prevede un investimento di 850 milioni di euro.
Se stiamo ancora continuando a parlare della fattibilità e delle modalità di realizzazione del progetto, se non è dato sapere quale sarà la tempistica, se non si ha idea dell’impatto economico,
atteso il fatto che nelle relazioni presentate al ministero, ENI è convinta che la marineria di Licata non esista e a pescare nelle nostre acque sia la flotta di Mazara del Vallo, appare evidente che l’offshore ibleo nasce dall’esigenza di mantenere un presidio sui nostri terrori, in modo che i petrolieri continuino a far sentire la loro presenza alle comunità locali e per motivi di natura meramente speculativa, in una prospettiva i cui benefici economici sono tutti da dimostrare, mentre certo è l’impatto devastante sull’ambiente e sull’economia dell’area.
Nulla di nuovo, insomma, se non il fatto che adesso è anche scritto: l’offshore ibleo è un progetto confuso ed è impossibile riuscire a comprenderne l’utilità. E questa volta siamo andati a dirglielo in faccia a casa loro: in Sicilia non siete i benvenuti.
Comitato Popolare contro le trivelle di Licata