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Da qualche giorno serpeggia sulla stampa locale l’ennesimo vile tentativo di spiegare la realtà della nostra sanità agrigentina attraverso logiche di fazioso campanilismo.
Mancano medici, mancano drammaticamente su tutto il territorio nazionale e mancano soprattutto nelle realtà periferiche.
Sarebbe stucchevole e ridondante ripetere questa cantilena in eterno, ma sembra che qualche ben pensante del capoluogo agrigentino non si sia ancora reso conto di quanto diffuso e drammatico sia il problema ovunque. Tutti gli operatori sanitari, medici in primis, sono stremati e stanchi, ma continuano ad onorare il loro giuramento d’Ippocrate con dedizione e impegno, con perseveranza e senso di responsabilità.
Taluni però a volte, forse vittime della stanchezza, credono che la rivendicazione del sacrosanto diritto a turni regolari, ai riposi compensativi, alle ferie, ecc. debba passare necessariamente dalla negazione di un altro diritto, quello costituzionale sancito all’art. 32, secondo cui a tutti i cittadini deve essere garantita parità di accesso in rapporto a uguali bisogni di salute.
Ed allora, cosa importa se un intera comunità rischia una salute di serie B, cosa importa se decine di migliaia di cittadini, distanti 45 minuti dall’Ospedale del capoluogo agrigentino, non abbiano più il reparto di Cardiologia o quello di Pediatria, per citarne un paio. Per alcuni l’unica soluzione per garantire un sacrosanto diritto è quello di chiudere un servizio e negare ad altri i propri diritti e quindi serve dire che quei servizi, quei reparti, quell’ospedale è pericoloso, che non producono nulla, che non serve ad altro che ad assicurare un servizio navetta verso Agrigento!
Forse chi scrive tali corbellerie pensa che per proteggere i diritti dei Cardiologi dell’apprezzatissimo dott. Caramanno, sia obbligatorio condannare a una sanità di accomodo i cittadini Licatesi e Palmesi, in una logica semplicistica del “mors tua vita mea”.
Ebbene chi pensa che gli angeli custodi lavorino solo ad Agrigento e che le vite si salvano solo in Emodinamica non ha per nulla chiare le dinamiche della medicina clinica. A titolo solo esemplificativo, visto che l’ambiente cardiologico ha suscitato l’interesse veemente di alcuni, non si muore solo di infarto, esistono tante altre patologie cardiologiche, acute e croniche, che necessitano come l’infarto di cure ospedaliere e il reparto di Cardiologia di Licata è un luogo dove questo piccolo miracolo è garantito. Con umile dedizione e senza titoli di giornale, ogni giorno i medici della Cardiologia assicurano alti livelli di cure ai nostri concittadini. Degenza e follow-up vengono garantiti con meticolosa attenzione, perchè i pazienti non sono numeri di una catena di montaggio e la differenza sta proprio in questa attenzione. Nuovi servizi sono stati messi a disposizione dei cittadini e chi vorrebbe esprimere una valutazione veritiera farebbe bene a venire a parlare di persona con i cardiologi in servizio a Licata, magari scoprirebbe che da quando è stato nominato il nuovo Direttore, ricoveri e complessità degli stessi sono in netto aumento, l’indice occupazionale è in netta salita, migliorano insomma tutti gli indici di performance, ma soprattutto ciò che conta è che la soddisfazione dei pazienti è altissima. Quella la si percepisce parlando con la gente, dalla quantità di pazienti che giornalmente afferisce al reparto, dal numero di prenotazioni negli ambulatori dedicati, perchè chi viene dimesso dal reparto di Cardiologia oggi vuole continuare a farsi curare da quei medici, si fidelizzano in qualche misura. Questo miracolo è reso tale dalla Dott.ssa Trigona e dal Dott. Montalto, che assicurano quella continuità assistenziale necessaria alla realizzazione di così grandi risultati, con le rinunce e i sacrifici che i rispettivi colleghi di Agrigento forse stanno sperimentando sulla loro pelle solo nell’ultimo periodo. Ma da quanti anni i medici dell’Ospedale di Licata soffrono condizioni di disparità di diritti? Pediatri, Ginecologi, Ortopedici, Chirurghi… Quali danni ha prodotto nell’ultimo decennio una logica prettamente Agrigento-centrica nella distribuzione della risorse umane e strumentali? Adesso che anche ad Agrigento è arrivata l’onda della carenza di uomini e mezzi si grida allo scandalo e nonostante sia sotto gli occhi di tutti che ad esempio in Cardiologia lavorino complessivamente una ventina di cardiologi contro i due di Licata, si pensa che per tutelare i diritti degli uni, bisogna negare il diritto alla salute di altri, l’unica soluzione che suggeriscono è chiudere Licata e fregarsene del destino di circa 70.000 persone?
No, Non è questa la soluzione. Alle colorite e poco edificanti locuzioni apparse on-line sulla vicenda della Cardiologia Agrigentina va posto un freno. Va promossa una visione aziendalistica del problema, perseguendo il lavoro di squadra, un’organizzazione moderna per mezzo della quale alcuni centri svolgono un tipo di mansione, mentre altri centri si dedicano ad altro, in una logica di complementarietà e sussidiarietà. Agrigento non è in grado di assorbire tutti i pazienti della provincia e non può dedicarsi alle patologie croniche con la stessa accortezza della periferia. Che si lavori di squadra quindi. Credo che i cittadini vogliano leggere questo sui giornali, credo che il problema della carenza di personale possa risolversi concretamente in tutto il territorio regionale nel giro di alcuni anni, ma nelle more organizziamo meglio i servizi e le risorse che abbiamo e evitiamo un cannibalismo tra poveri che non porta a nulla: che ognuno faccia la sua parte! Credo infine che a quanto scritto impropriamente sulla stampa, il Direttore del Dipartimento Cardiovascolare e i vertici dell’ASP debbano quanto meno rispondere parlando del silenzioso miracolo operato dalla Cardiologia del San Giacomo d’Altopasso, perchè l’Ospedale di Licata è una risorsa non solo per Licatesi e i Palmesi, ma per quanto appena detto, anche per tutti gli Agrigentini, in un ottica di suddivisione dei ruoli.
Speriamo di leggere questo nelle prossime edizioni e non più le solite sterili polemiche!