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Il 30 novembre scorso ad Ivrea si è svolto un evento per commemorare ed omaggiare la straordinaria figura di Adriano Olivetti, un esempio di uomo, di lavoratore e di imprenditore che andrebbe assolutamente imitato per risolvere qualche problema che l’italia lavorativa vive oggi. Tra i relatori presente anche  la nostra concittadina Germana Peritore della quale abbiamo il piacere di pubblicare una sintesi del suo prezioso intervento :

 Una volta Montale disse che l’unica speranza era l’imprevedibile.

Oggi, di fronte a una Politica che non è più un’arte del “possibile” e che nella sua crisi più profonda ha ceduto al Mercato le sue prerogative, accettandone una particolare idea di “democrazia”, quella appunto dei Mercati finanziari; di fronte agli scenari di una economia di carta che scalza da tempo la reale economia fondata sul lavoro e la produzione; nell’assenza di una necessaria redistribuzione della ricchezza indispensabile ai fini del Consumo; in un ciclo di economia perversa che è al centro nella vita dell’uomo, laddove dovrebbe accadere il contrario……….beh

Adriano Olivetti imprevedibile lo è stato, con la sua “fabbrica umana”, con la sua “politica della Bellezza”, con la sua “sintesi” di temi  apparentemente inconciliabili e che i politici nella migliore delle ipotesi collocherebbero nel trito artificio del compromesso:  profitto e solidarietà, passato e presente,capitalismo e socialismo, produzione e stile, etica ed economia, industria ed agricoltura, utopia e fermo proposito. Adriano diceva che “spesso il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità o coraggio di fare… un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia da qualche parte, solo allora diventa un proposito, cioè qualcosa di infinitamente più grande”. Il passato e il presente non dovevano essere inconciliabili.

Adriano Olivetti fu il primo a ridurre l’orario di lavoro da 48 a 45 ore, mantenendo gli stipendi più alti della media nazionale.  Nelle sue aziende lasciava degli spazi agli operai dove organizzavano riunioni, concerti, incontri letterali nella pausa pranzo, lo stesso Pasolini andò a parlare in una sua fabbrica. Negli stabilimenti c’erano biblioteche, di cui tutta la comunità poteva usufruire.

Olivetti si occupò dell’urbanistica di Ivrea costruendo un quartiere tuttora considerato unico, perché la comunità era sempre al centro dei suoi pensieri, non volendo creare quelle che sono oggi le nostre comunità: “un’accozzaglia d’invidiosi pronti ad armare le mani per un posto macchina” (Pacarov).

Nelle fabbriche c’erano grandi finestre, affinché gli operai non si sentissero sradicati da un paesaggio a cui erano legati.

Industria ed agricoltura non si escludevano, l’operaio continuava ad essere un contadino.

Olivetti  fu un intellettuale, un politico, un antifascista, un operaio (lavorò da giovane nelle sue aziende), un editore…

Assumeva “terne” di laureati, un economista, un tecnico ed un umanista  per valorizzare  l’interdisciplinarità.

Riuscì a trovare quella che viene chiamata la terza via, fra le posizioni socialiste dell’Unione Sovietica e quelle capitalistiche degli Stati Uniti, fu “un Proudhon che ti compra la Underwood”, per dirla con Santillana.

La sua spiritualità era fatta di ethos ebraico e spirito calvinista.

Egli era tutte queste cose eppure, anche quando sognava, rimaneva sulla Terra, con gli uomini.
Il suo era guardare al Futuro. Diceva: “per me il passato non esiste”.

Oggi sperare in quel Rinascimento italiano (Un secolo troppo presto), in cui l’opera di Adriano Olivetti possa ritornare ad essere attuale, forse sarebbe……. sperare nell’ imprevedibile  di cui diceva Montale.