di Gaetano Cellura – “E come potevamo noi cantare/con il piede straniero sopra il cuore,/tra i morti abbandonati nelle piazze …?” Questi versi – come altri di Quasimodo, entrati nella poesia nuova del dopoguerra – rispecchiano la gioia dei gazawi per la tregua. Ma che tutto sia finito è da vedere. E’ quanto speriamo, ovviamente. Quanto soprattutto i gazawi sperano. Ma non bisogna dimenticare che il “piede straniero”, il piede dell’occupante è ancora sopra il loro cuore. E che si è solo all’inizio di una difficile trattativa. Le cui fasi successive saranno le più spinose. E metteranno a nudo le vere intenzioni e le vere mire di chi oggi si autocelebra come pacificatore.

Se ci voleva così poco per fermare il genocidio – un documento di soli venti punti – perché non si è agito prima? Forse un grande merito per il raggiungimento di una tregua ce l’ha il risveglio dell’opinione pubblica, le piazze piene a favore della Palestina. Trump ha capito due cose fondamentali: per lui e per il suo amico Netanyahu. La prima è che non si può continuare una guerra avendo tutto il mondo contro. E la seconda è che ci sono, per l’America, interessi e affari da salvaguardare in quell’intera area del mondo. Inutile nasconderlo. Del resto, basta guardare il balzo in borsa dei titoli cementieri per rendersi conto, se mai ce ne fosse bisogno, del nesso storico tra guerre e affari. Tra guerre e speculazioni di ogni tipo.

Se nessuna bomba cadrà a Gaza nei prossimi giorni, il silenzio, un silenzio irreale dopo due anni di sterminio umano e di distruzione, prenderà il posto del rumore atroce e devastante della guerra contro un popolo di civili inermi. Ma il dolore rimarrà per sempre. Il dolore per i figli morti, per gli amici e gli amori perduti. Il dolore dei bambini orfani, scampati al genocidio. Questo dolore sì, sarà eterno. Segnerà un’altra generazione cresciuta tra le bombe e nell’ingiustizia. Il silenzio è forza, ma è anche fragilità. Perché rovine e macerie, quanto visto da occhi innocenti – una casa che non c’è più, la strada dove si giocava cancellata come orma sulla sabbia, le voci di conforto perdute – scavano ferite nell’anima. E immedicabili. Un primo passo importante è stato fatto. Ma per gioire del tutto aspettiamo che il “piede straniero sopra il cuore” di Gaza lasci Gaza del tutto. E che la Palestina diventi stato.