di Gaetano Cellura Sulla tomba di San Francesco di cui portava il nome, Bergoglio firmò la terza Enciclica del suo pontificato: Fratelli tutti. Fraternità e pace, migrazioni e povertà, ecologia e ambiente sono stati, in questo nostro mondo alla deriva, post-umano, i temi cui il Papa morto ieri ha dedicato la massima attenzione. Fraternità perché “nessuno si salva da solo”, come disse il 27 marzo del 2020 in quella Piazza San Pietro deserta, sotto la pioggia battente, nella grande ondata della pandemia. E anche perché siamo “tutti sulla stessa barca” e tutti apparteniamo alla stessa famiglia umana.
La terra era per lui la “casa comune” che tutti trascuriamo. E nella pandemia vedeva la conseguenza dell danno che abbiamo fatto alla natura. I suoi oppositori l’hanno accusato di fare politica esplicitamente e di interpretare la modernità come critica radicale al capitalismo sfrenato degli ultimi decenni.
Ma faceva davvero politica il Papa? Secondo me no. Metteva in pratica le linee guida del suo pontificato: “una chiesa povera per i poveri”; l’uomo e il logos prima dell’algoritmo e dei numeri; l’opposizione ai muri e ai nazionalismi; l’accoglienza dei migranti, da proteggere e integrare; la critica radicale alle distorsioni del mercato. Perché è dalla portineria del mondo che se ne capisce la crisi. E papa Francesco questo l’ha capito sin da quando dirigeva l’università dei gesuiti in Argentina: un giorno si fece trovare seduto allo sportello della portineria spiegando che solo da lì si poteva “veramente capire tutto”.
E tuttavia se la sua terza Enciclica è un documento politico, bisogna riconoscerne l’alta lucidità. Quale altro leader mondiale è oggi in grado di saper fare altrettanto? In grado di usare parole così elevate e disinteressate?
Se Ratzinger è stato uno dei più grandi teologi della Chiesa, Bergoglio è stato il leader inascoltato di un mondo senza leader politici all’altezza di questo suo particolare e preoccupante momento storico. Senza moralità e umanità. Senza coscienza. Un mondo incapace di parole, che trova nella sola forza delle armi il suo dominatore e denominatore comune.