SANREMO 2025, l’analisi impeccabile di Carmen Scirè.

Scrivo mentre mi riprendo dal finale di ieri sera, che denuncia come il regolamento debba essere modificato a vantaggio di un sistema di voto più semplice e trasparente. Pensate che anche ChatGPT non è stata in grado di capire come si sia arrivati a questo risultato! Una cinquina a dir poco dubbia. Dico solo che mi manca la giuria demografica, entità nazional popolare indefinita ma rassicurante e, udite udite, anche la giuria di qualità. Meglio di queste sale stampa faziose e complottiste.

Ma per cosa ricorderemo questa 75esima edizione? Per i primi cinque posti tutti al maschile, per i Cuoricini che ci terranno compagnia tutta l’estate, per la rivelazione Lucio Corsi (8.5), per l’autotune sdoganato, per il videomessaggio di Papa Francesco (seppure con annesso ‘giallo’) e per la serata dei duetti. Niente imprevisti, pochi meme (nemmeno uno di Elettra che twerka), unico tentativo di polemica sono le collane di Tony Effe (4). Record di ascolti.

Due categorie di cantanti in gara: quelli che cantano e di cui capisci anche le parole, e quelli che istintivamente schiacci 777 sul telecomando per i sottotitoli del televideo.

Sufficiente nel complesso il cast di co-conduttori- ho trovato la Marcuzzi (4.5) a tratti imbarazzante, bene invece Gerry Scotti – e super ospiti, al netto di qualche eccezione.
Solo incursioni a fini promozionali e nessuna star. Senza scomodare Whitney Houston (1987) o Madonna (1998), ci siamo accontentati di Damiano David (bravo sì, ma non super ospite) e Jovanotti, il che non rende giustizia al blasone di Sanremo. Unico show con profilo internazionale è quello di Mahmood (7), che non sa condurre ma ci regala un medley di livello. Altre due presenze degne di nota sono Benigni (8) e Geppi Cucciari (7.5): peraltro tra ritardi dei treni, Elon Musk e Giorgia con Make Sanremo Great Again, direi che la narrativa dei fautori di TeleMeloni possiamo anche definitivamente accantonarla.

Una menzione per la Classifica Finale.
Achilleo Lauro e Giorgia fuori dai primi cinque e gli italiani fanno ciò che non ti aspetti: protestano. In sala, sui social, nelle chat di whatsapp operative alle 01.16 di notte.
Loro che, a differenza dei cugini francesi, non protestano nemmeno in caso di licenziamento, sono quasi pronti a tirare le poltrone dell’Ariston sul palco. Ma hanno anche ragione, le esibizioni di Achille (7.5) e il talento di Giorgia (9) meritavano la chance della finale a 5.

Ma andiamo per ordine, con alcune pagelle.

CARLO CONTI 7 – ANGELA MERKEL
Stile sobrio e pragmatico, gestione funzionale ma priva di slanci creativi.
Torna a condurre il Festival di Sanremo, con la pesante eredità delle edizioni di Amadeus, e porta a casa il risultato. Lo fa con ascolti stellari, complice l’assenza totale di Mediaset. Rispetto ad Amadeus trovo il livello generale delle canzoni più scarso, ma una conduzione più agevole e meno egoriferita. Sviluppa un’ossessione per i braccialetti (manco fosse al concerto di Taylor Swift) e il Jingle Tutta l’Italia di Gabry Ponte. Dispensa sguardi infuocati ai co-conduttori, se colti a parlare 30 secondi in più di quanto previsto. Eviterei di confermarlo per il prossimo anno.

OLLY 7- DÉJÀ VU’
Vincitore non favorito alla vigilia, poi quasi annunciato, grazie anche alla manager Marta Donà, che ha adesso il record di tre vittorie consecutive a Sanremo, dopo Mengoni e Angelina Mango, non dimenticando i Maneskin. Re Mida.
Lui sa di già visto, il ragazzo canta, meglio dei suoi coetanei, ma manca qualcosa.
Un po’ come quando torni in una città che hai visitato cento volte. Canzone carina ma senza slanci. La sua Balorda nostalgia non resterà negli annali del Festival e nemmeno in quelli dell’Eurovision.

TOPO GIGIO (8.5) ROMANTICO
Geniale presenza al Festival, dovuta all’intuizione creativa di Lucio Corsi. Il quale sembra si sia poi lamentato per il grande spazio riservato a Topo Gigio, che ha finito con l’eclissarlo. Si piazza comunque secondo nella serata delle cover, e ci ricorda che l’arte talvolta ha bisogno di cose semplici per elevarci.
PS: Non che ci voglia molto, ma Topo Gigio ha cantato meglio di Tony Effe (4).

GIORGIA 9- FUORICLASSE
La vincitrice morale del Festival.
A 30 anni dalla vittoria con Come Saprei torna sul palco dell’Ariston. Non ha una bellissima canzone, ma nemmeno brutta. La canta molto bene ed è stata derubata nel finale. Magari non avrebbe vinto, ma il podio lo meritava tutto. Le lacrime sul palco, mentre ritira il premio Tim (è il nuovo Tombolino?!) e la standing ovation del pubblico ci ricordano perché alcuni artisti evitino di tornare in gara. Premio di consolazione è la vittoria nella serata delle cover. Giorgia e Annalisa hanno ricordato a tutti cosa significa fare il/la cantante. Canzone molto difficile, peccato non fosse in lingua italiana ma qui apriremmo una lunga parentesi, esibizione perfetta.
Due voci che giocano in un altro campionato, quello del ‘come si canta senza autotune’.

LUCIO CORSI 8.5 – ALIENO
Artista etereo, che sembra venire da un altro spazio o dimensione. Sconosciuto ai più fino all’inizio della kermesse, ci ha regalato performance interessanti, profonde e originali. Un poeta che sa toccare le corde giuste, anche se sembra uscito da un mercatino dell’usato.

FEDEZ 7 – GIUDA
La sua presenza al festival è stata lanciata da Fabrizio Corona, d’altronde si sa che a Sanremo gli scandali e il gossip aiutano.
Ma poi ascolti le parole della canzone e riesce comunque a mettersi a nudo su un tema ostico. Seppure non sappia cantare, ma questo si sa già. Anche la scelta della cover Bella stronza, coraggiosa e opportunista, lo ha premiato con il terzo posto. Gli italiani si stanno ancora chiedendo se sia rivolta ad Angelica o a Chiara Ferragni. La sua partecipazione sta tutta qui: un traditore che fa la vittima; una strategia di marketing più che un reale tentativo artistico.

ACHILLE LAURO 7.5– CARDINALE
Personaggio che divide, con uno stile provocatorio e fuori dalle righe, ma stavolta porta sul palco una canzone sanremese.
Un mix tra una sfilata di moda e un videoclip anni 80. Avrei voluto partecipasse all’Eurovision, seppure con zero chances di vittoria. A furor di popolo lo avremmo voluto nei primi cinque classificati e anche sul podio. E invece, come spesso accade a Sanremo, è entrato Papa ed è uscito Cardinale.

ROSE VILLAIN 7 -PETR
martedì ci incanta con un bellissimo abito, Fuorilegge si farà sentire nei prossimi mesi, ma non lascia il segno. Rimane da capire perché si ostini con questo colore di capelli. Il ‘SI’ NA PRET’ gridato istintivamente da un ragazzo nel pubblico diventa virale.

ALESSANDRO GERVASI 9- PRODIGIO
Ha solo 6 anni il talento del piccolo pianista, protagonista all’Ariston con una tenerezza disarmante. Anche se a dirla tutta non sentivamo il bisogno di un film sulla vita di Peppino Di Capri. Permettetemi il momento di orgoglio siciliano, in questa edizione orfana del genio di Fiorello.

SIMONE CRISTICCHI 7.5- RISCATTATO
Bocciato da Amadeus si prende una grande rivincita con Conti. Porta in gara una canzone che tocca un argomento delicato e insieme duro, e lo fa in maniera commovente. Meritati i premi ricevuti per la qualità della canzone.

BRUNORI SAS 7.5- SPERANZA
Forse abbiamo trovato un erede dei grandi cantautori italiani, seppure denunciamo un eccessivo scopiazzamento di De Andrè. Una luce di speranza nel mondo dell’IA. Bellissime le parole, premio per il miglior testo più che meritato.

SERENA BRANCALE 7- VERACE
Potrà non piacere ma ha un talento musicale ancora da scoprire. Abbiamo intravisto qualcosa durante la serata delle cover. La sua canzone è un cocktail strano, forse troppo popolano, di cui non abbiamo ancora capito il retrogusto, ma la balleremo durante l’estate. Insieme al già noto Baccalà.