Si racconta che il presidente Segni si sia sentito male, colpito da un insulto apoplettico, dopo un’accesa discussione con Aldo Moro e Giuseppe Saragat che ne chiedevano le dimissioni in seguito al fallito golpe del generale De Lorenzo. Il cosiddetto Piano Solo. Era un momento tra i più delicati per l’Italia del primo centrosinistra su cui pendeva il rischio di una svolta autoritaria di destra, benedetta da Washington. Ma era anche per la Democrazia cristiana il momento della grande concentrazione del proprio potere, sancita dall’alleanza tra dorotei e morotei. Che potevano contare sulla presidenza del consiglio e sulla presidenza della repubblica. Rompere questo forte equilibrio politico non conveniva a nessuna delle due correnti. Per cui si provò quasi a sminuire la malattia di Segni. Pubblicandone una foto in cui il Presidente appariva pallido ma circondato dai nipoti e con una copia del Popolo in mano. Quest’ultimo segno per dimostrare l’integrità delle sue condizioni intellettive.
Fu il Pci, per mettere le cose in chiaro, a chiedere una discussione alla Camera sulla presidenza della repubblica. E a quel punto diventava necessario affrontare una questione non più procrastinabile e tenuta in piedi solo da ragioni più di mero potere che di opportunità politica. Segni si dimette per ragioni di salute e da quel momento per l’elezione del nuovo Capo dello Stato il paese vive una situazione di stallo e di caos politico molto simile a quella odierna. Giuseppe Saragat la spuntò al ventunesimo scrutinio (con 646 voti su 963) dopo uno scontro fratricida con Pietro Nenni. Fu il primo presidente di area socialista. I due che l’avevano preceduto (Segni e Gronchi) avevano avuto i voti della destra monarchica. Voti necessari nel 1971 anche per l’elezione di Giovanni Leone. I presidenti eletti al primo scrutinio sono stati Cossiga, Ciampi e il capo provvisorio dello stato Enrico De Nicola nel 1946. E proprio Leone è stato il presidente per la cui elezione si è dovuto ricorrere al maggior numero di scrutini. Ben ventitré. Due in più rispetto a Saragat. Con Napolitano e Mattarella abbiamo vissuto un semipresidenzialismo de facto. Vedremo ora con il suo stanco rituale, e dopo quanti scrutini, chi sarà il tredicesimo presidente. E se vale ancora la pena di rinviare una riforma che ne affidi al popolo l’elezione.
Gaetano Cellura