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crocetta1Neanche il tempo di vedere conclusa questa fiacca e incolore campagna elettorale per le politiche, fatta a colpi di “via i partiti dalle banche” e di “via i banchieri dalla politica” o di “Mussolini ha fatto cose buone”, che si ricomincia in Sicilia con le amministrative. Anticipate dal governatore Crocetta al 21 aprile, ballottaggi eventuali il 5 e il 6 maggio. Si voterà anche per eleggere i presidenti di provincia e i consigli provinciali. Il Governatore dunque fa marcia indietro. Niente spending review. Nessuna nuova creazione di grandi aree metropolitane. Nessuna abolizione o riduzione delle province. Materia su cui il governo regionale ha competenze esclusive. In barba a quanto chiesto dal governo nazionale per ridurre la spesa pubblica. Chiacchiere e dibattiti inutili sulle province e sulla opportunità di ridurne il numero. Per il “conservatore” Crocetta tutto resta com’è. Salvo qualche piccola modifica (eliminazione di alcuni assessorati e di competenze come la manutenzione delle scuole), nulla cambia per il momento. E dunque tutti al voto: come prima, più di prima. Anche nelle quattro province siciliane commissariate. E i risparmi necessari a un bilancio sempre più critico? Crocetta li rinvia a data da destinarsi. I suoi avversari lo accusano di decisione elettoralistica per favorire la sua lista, Il Megafono. Il Governatore della Sicilia, sia in campagna elettorale che nei primi mesi di governo, ha promesso molto. Soprattutto a quanti hanno scelto di aderire al suo nuovo movimento, che non si capisce ancora se sia un partito o una grossa corrente del Pd. Promesse che non è stato in grado di mantenere. E dunque, passare da una campagna elettorale all’altra gli conviene. Eccome! Per sfruttare il momento, tenere tutti ancora nell’attesa delle promesse fatte, rinviarne il mantenimento. E nel frattempo invogliarli a un impegno che senza l’anticipazione del nuova scadenza elettorale sarebbe potuto rarefarsi ingenerando disillusione. E qualcosa di vero c’è. Finora Rosario Crocetta ha fatto solo annunci (clamorosi). Ha parlato di mafia che condiziona la politica regionale, quasi fosse una novità. In più il suo governo non ha maggioranza in aula. E questo lo obbliga a estenuanti sforzi per cercarla, di volta in volta, su singoli provvedimenti: il rapporto con i grillini non sempre funziona. Dal punto di vista generale le province siciliane sarebbe stato meglio commissariarle tutte. Per un anno (come si era deciso) o due. E intanto avviare una discussione – seria, questa volta – sull’urgenza di limitarne il numero. Questa, al paese nostro, si chiama o si dovrebbe chiamare politica riformista. Ma finora non se n’è vista neppure l’ombra. Solo annunci eclatanti: per distogliere forse, da politico esperto quale il nuovo governatore è, l’attenzione generale dai problemi veri dell’Isola. L’esigenza di una cura dimagrante per quanto riguarda la spesa e di riforme strutturali improrogabili. Prepariamoci dunque a una campagna elettorale infinita e senza discontinuità: per le politiche, per il sindaco e (ancora) per la Provincia.
(g.c.)