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Mentre la politica “gioca le sue carte”, dati ISTAT alla mano rivelano che si è chiuso il 2017 con un pil +1,4% miglior dato dal 2010 ad oggi. Grazie anche all’esponenziale crescita industriale del made in Italy ma i dati statistici, tuttavia non colmano le distanze per quanto concerne l’occupazione, le imprese e le famiglie, lontane, con un reddito in continuo ribasso. In calo il tasso di disoccupazione rispetto agli anni scorsi ma tra i contratti a tempo indeterminato e determinato, quest’ultimo cresce (dovuto alle riforme del mercato del lavoro come il recente Jobs act, ad affermare come il contratto a termine, non è più l’eccezione ma la regola) rispetto al primo che in percentuale sarebbe sceso. Come è disarmante il dato che dà gli inattivi in crescita. Molti privati, enti pubblici penalizzate nell’ultimo decennio, continuano a definire strategie e percorsi mirati. Bisognerebbe reinventarsi a tal proposito, anche puntando a un ruolo nelle risorse umane. Incide la condizione dei servizi socio-educativi, portando a una educazione povera, distruggendo il sistema educativo. Qualora si riuscisse a creare o trovare lavoro, è sempre più nel precariato che con la scelta di attuare il reddito di cittadinanza, si potrebbe invertire la tendenza della precarizzazione che porta a una condizione emotiva labile, nelle difficoltà sociali che ne conseguono. Il precariato tratto dall’attuale società capitalistica occidentale ha radici sociali, favorendo i vecchi redditieri a cui mirano le politiche economiche, non creando posti di lavoro. Da additare come causa di disuguaglianze economiche crescenti che non rientrano nella seppur minoranza di ricchi detentori di patrimonio, con conseguenza scissione, annullando il ceto medio. Vittime di scelte politiche errate e delle ingiustizie sociali, il “povero meritevole” su cui è modellato il recente provvedimento del reddito di inclusione, ha scarso sostegno delle istituzioni che non rispondono alle necessità e problematiche dell’individuo, come provano a fare le realtà associative. Abbassare la soglia di accesso ai servizi sarebbe l’ideale, invece, per legittimare provvedimenti di una politica, si è arrivati a chiamare “decoro urbano” la sottrazione di soggetti, per ragioni di sicurezza, penalizzandoli ulteriormente, quasi a divenire una colpa trovarsi in certe condizioni, gestite male dalle politiche sociali. Da non sottovalutare il consumismo, di una società dell’omologazione di massa che diviene annullamento della soggettività, tramite l’imposizione di modelli comportamentali che controllano gli individui, nell’illusione di essere liberi.

Salvatore Cucinotta