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cuffaro_youtubeDi fronte alla motivazione del giudice di sorveglianza che nega a Totò Cuffaro di poter vedere la madre – “non è in pericolo di vita: è ultraottantenne: non può riconoscere il figlio” –,  di fronte a una motivazione come questa, bene ha fatto l’onorevole Stefania Prestigiacomo a scrivere al guardasigilli Orlando. Bene ha fatto il centrodestra a indignarsi, come buona parte dell’opinione pubblica liberale. Quella da sempre sensibile ai problemi e alle sofferenze del regime carcerario e ai diritti dei detenuti.

Giova ricordare che l’ex governatore della Sicilia sta scontando con grande dignità la sua pena che finisce fra due anni, nel 2016. Aveva chiesto di essere affidato ai servizi sociali e anche per questa sua richiesta ha ricevuto risposta negativa. Per cui molti ora parlano di accanimento nei suoi confronti, di volto feroce della giustizia.

A noi preme rimarcare, nella motivazione di diniego, le parole tanto “la madre è ammalata e non può riconoscere il figlio”. Ma che risposta è? Non la madre ha chiesto di vedere il figlio. È il figlio (detenuto) che ha sentito questo bisogno.

Non può riconoscerlo, ma è viva. E cioè ancora in condizione di essere vista e abbracciata, di essere guardata e toccata – nel viso, nelle mani – per qualche ora. Nelle condizioni di poter scambiare con lei uno sguardo, forse un sorriso. Altrettanto discutibile è leggere, nella motivazione del giudice, che il figlio ha già visto la madre circa un anno fa, in occasione del funerale del padre (al quale, peraltro, gli era stato concesso di andare, ma con molto ritardo). Come dire: l’ha già vista, può bastare, il permesso l’abbiamo concesso una volta.

Forse questa è la legge, e il giudice cui spettava la decisione l’ha applicata. Ma in fondo Totò Cuffaro ha chiesto di lasciare il carcere per qualche ora: il tempo di andare al paese suo e tornare. E trattandosi di un detenuto modello che ha solo chiesto di poter rivedere la madre, il permesso poteva essergli concesso. Un raggio d’azzurro negli occhi bisogna pur conservarlo. Anche se si è giudici e prendere certe decisioni non sempre è facile.

(g.c.)