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Concessioni demaniali, replica dell’architetto Cosentino alla presa di posizione del parlamentare regionale Carmelo Pullara.

Prima di controbattere, l’On. Pullara dovrebbe riconoscere alla base della sua formazione un minimo di umiltà, e considerare le proposte che provengono dal mondo dei professionisti come degne della massima attenzione. Il termine superfluo, cioè inutile, è ingrato e inaccettabile, anche perchè lo stesso è assai lontano dalla realtà tecnica e legislativa che regola di fatto gli aspetti normativi della questione. Peraltro un uomo politico non può permettersi di annullare le regole elementari del confronto.
L’art. 42 comma 3 “la revoca non da diritto a indennizzo. Nel caso di revoca parziale si fa luogo ad una adeguata riduzione del canone”. Pare chiaro che il seguente citato comma non fa’ riferimento ad opere precarie o permanenti così come dichiarato o sostenuto dall’on. Pullara ma unicamente all’utilizzo dell’area in concessione. Appare evidente che se il legislatore ha ritenuto opportuno stabilire una riduzione del canone in conseguenza di un utilizzo parziale dell’area in concessione, si può ritenere ragionevole dedurre che laddove la stagione balneare non dovesse iniziare nulla è dovuto dai concessionari.
Art. 42 comma 4 “nelle concessioni che hanno dato luogo ad una costruzione di opere stabili l’amministrazione marittima, salvo che non sia diversamente stabilito, è tenuta a corrispondere un indennizzo pari al rimborso di tante quote parti del costo delle opere quanti sono gli anni mancanti al termine di scadenza fissato”. Intendo precisare che la “precarietà” non è individuabile nelle caratteristiche costruttive (la prefabbricazione o facile rimozione). Ma ciò che rende precario una costruzione è il tempo di permanenza della stessa sul suolo. Pertanto un edificio di facile rimozione può essere stabile quando lo stesso soddisfa esigenze non temporanee (vedi stabilimenti con mantenimento invernale). Pertanto ribadisco che tutti gli stabilimenti balneari oggetto di mantenimento invernale rientrano a pieno titolo nell’Artico 42 comma 4. Pertanto agli stessi è dovuto un indennizzo da parte dell’amministrazione.
La legge di approvazione Cosi tanto divulgata da molti che prevede l’esonero del canone, dovrebbe contribuire a sostenere le tante imprese del comparto. L’art. 45 del Codice della Navigazione recita “quando per cause naturali, i beni del demanio marittimo concessi subiscono modifiche tali da restringere l’utilizzazione della concessione, il concessionario ha diritto ad adeguata riduzione del canone”. Pertanto, ad oggi, visto che la stagione balneare è sospesa, secondo quando previsto dall’art. 45 nulla è dovuto da parte dei concessionari. Se ipotizziamo la riapertura con una attività di 3 mesi, in termini elementari, considerando che un concessionario paga un canone demaniale di 5000 euro per 6 mesi di utilizzo avrebbe diritto a pagare un canone proporzionale al tempo di utilizzo cioè 2.500 euro.
Ora è lecito supporre che se l’apertura della stagione dovesse avere inizio, la stessa avverrà con limitazioni e restrizioni atte a garantire la sicurezza del fruitore. Pertanto il concessionario si troverà a non poter sfruttare l’area per come stabilito dal titolo concessorio subendo una riduzione delle affluenze non inferiore al 65%. Pertanto così come stabilito dall’articolo 45 il concessionario dovrebbe corrispondere un canone pari al 35% di 2500 euro pari cioè ad euro 875,00.
Quindi a fronte di un canone di 5000 euro il concessionario, secondo quando previsto dalla legge, dovrebbe corrispondere, se la stagione dovesse ripartire, 875,00 euro alla Regione. Quindi tutto l’aiuto posto in essere dalle Istituzioni si tradurrebbe in una miseria. Va aggiunto che nel Comune di Licata l’80% degli stabilimenti balneari paga un canone non superiore a 3500 euro Quindi l’incentivo per fare ripartire il settore sarebbe mediamente di 525,00 euro.
Per quanto riguarda la confusa proposta (posta da me secondo il Pullara, persona che stimo meritevole di riguardo e occasione) sull’affidamento delle aree libere si fa riferimento alla direttiva UE cosiddetta Bolktein, secondo la quale la mia proposta non troverebbe riscontro per una serie di punti: a) “la distribuzione delle aree libere non sarebbe equa”. Intanto direi che le aree non sarebbero distribuite ma affidate e per gli affidatari sarebbe solo una incombenza considerato che le stesse dovrebbero essere lasciate ad uso libero gratuito. Il fine dell’affidamento sarebbe quello di garantire il rispetto di regole e regolamenti. Ricordo che la normativa Bolktein ha come obiettivo quello di garantire che i servizi e le concessioni pubbliche vengano rilasciate tramite gara con regole e criteri di assegnazione trasparenti che diano a tutti gli operatori la possibilità di partecipare. Altresì nel nostro caso saremmo difronte ad un affidamento temporaneo (sul quale non è prevista nessuna forma di lucro) e non ad una nuova concessione. Motivo per il quale la Bolktein non ha motivo di essere citata.
Mi sarei aspettata che l’on. Pullara, persona accorta e preparata, invece di cercare di confutare aspetti solo propositivi, senza interesse alcuno, avesse motivato concretamente e fattivamente anche attraverso un confronto. Mi rendo conto che non trattasi di materia facile, né tantomeno di soluzioni facilmente percorribili ma il compito della politica deve essere proprio questo: rendere la conoscenza, attraverso lo studio delle leggi e della sua natura spesso “interpretativa” fattibile di un piano d’immediata programmazione e allineamento sinergico. Sulla materia rimango a disposizione, avendo idee chiare e ragionevolmente applicabili, e sulle quali, mio malgrado, mi tocca discutere e polemizzare invece che costruire.
A questa non seguiranno ulteriori repliche essendo convinta che sia la politica che l’operatività di tutti gli aspetti tecnici, economici e sociali hanno bisogno di fatti e non di parole.

Chiara Cosentino – Architetto