Quanto accaduto sabato notte ci ha scossi. Coltelli, ferite, terapie intensive. Ma di cosa stiamo parlando? Ma è un fronte di guerra o un tranquillo sabato sera d’inizio estate?
Ciò che però maggiormente ci fa riflettere è il silenzio. Sono passate quasi 48 ore dall’accaduto, dal ferimento di un giovane che ha perso la milza e probabilmente sarà costretto ad una lunghissima convalescenza prima di tornare alla sua vita normale, ma nessuno – almeno per quello che sappiamo – ha sentito la necessità (morale prima che civica) di andare dai Carabinieri o dalla Polizia a denunciare quanto ha visto. Bene ha fatto la Presidente del Consiglio comunale Anna Triglia a richiamare i ragazzi alla denuncia. Il muro di omertà non fa che proteggere chi sabato sera si è reso responsabile di un fatto così grave, mettendo in pericolo la vita di un coetaneo.
E’ un episodio che una volta di più ci testimonia il degrado sociale e culturale con cui questa città si trova a dover fare i conti. All’autore (o agli autori, questo saranno gli inquirenti ad accertarlo) del ferimento, vorremmo rivolgere una semplice domanda: perchè un adolescente esce di casa armato di un coltello? Lo ripetiamo, di cosa stiamo parlando?
Agli adolescenti che finora sono rimasti muti (e quindi complici) del fattaccio di sabato ci sentiamo invece di dire che ci sono cose più importanti di una scarpa griffata, di un cellulare all’ultima moda o di uno scooter fiammante da sfoggiare al porto o in piazza. Picciò datevi una svegliata che nel resto d’Europa e del Mondo a 15-16 anni c’è gente già in grado di usare un attrezzo da lavoro e si sta già formando una professionalità.
Ci auguriamo (ma francamente abbiamo poche speranze) che qualcuno abbia il buonsenso di raccontare quello che ha visto, di fare luce su un episodio inquietante oggi successo ad uno sfortunato compagno-amico ma che domani potrà succedere ad ognuno di voi, giovani licatesi con il cervello sulle nuvole e la testa sotto la sabbia.
Giuseppe Cellura