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I diffusori di odio – in Germania come in Italia – possono essere contenti. Ché prodotto della caccia allo straniero, della xenofobia dilagante in questo nostro triste tempo, del nuovo mito della razza pura – e manca solo la parola ariana per riportarci ad altri tempi, ancora più tristi e tragici – è quanto avvenuto nei locali della comunità turca di Hanau, vicino a Francoforte. Nove persone uccise e altre quattro gravemente ferite. Era davvero un esaltato l’attentatore poi suicidatosi? Parlava di suprematismo bianco. Diceva: gli immigrati che non possono essere espulsi dalla Germania vanno eliminati.

Ma ammettiamo pure che fosse un esaltato. Questo ci spinge ancora di più a riflettere prima di lanciare messaggi di odio, anche subliminali, contro gli stranieri. Perché sono proprio le menti più fragili a recepirli per prime e a metterli in atto con spietata violenza.

Non è il primo caso, purtroppo. E certa propaganda di destra – che in Germania grida alla difesa della patria minacciata da chi contamina la razza bianca e dalle scellerate politiche inclusive della Merkel; e che in Italia vede l’immigrato come uno che ci ruba il lavoro – fa proseliti a più non posso e ha reso l’odio una categoria preminente della politica. E l’odio sappiamo dove porta.

Certe recenti lezioni della storia le abbiamo dimenticate. O non le abbiamo proprio comprese. E l’umanesimo – letterario, filosofico, cristiano – che è alla base della nostra civiltà occidentale non l’abbiamo studiato abbastanza. Di sicuro non l’hanno studiato tutti in Europa. Diamogli una ripassatina dunque, ché ci fa bene. Rileggiamo quel  significativo episodio in cui Nausicaa, principessa di divina bellezza, accoglie il naufrago Ulisse nell’isola dei Feaci dove regna il padre. E lo accoglie perché stranieri e mendicanti vengono tutti da Zeus. La vera Germania, la vera Europa è quella del poeta tedesco Goethe, che legge questo brano dell’Odissea al suo disegnatore Kleep tra il profumo dei limoni di villa Giulia a Palermo. O quella del verso di Ungaretti “cerco un paese innocente”. Cosa voleva dire il poeta italiano? Che questo paese, nel colpevole mondo d’oggi, è ormai una rarità, come un oggetto d’arte o un amico sincero?

Gaetano Cellura