In Italia si spara e (non dimentichiamolo) ci si spara o ci si dà fuoco. Per disperazione. Perché farla finita oppure colpire chi non c’entra, nella crisi economica senza fine, è diventata scelta estrema. Non è la prima volta nella storia italiana che ci vanno di mezzo, per colpa o responsabilità di altri, le forze dell’ordine. Per colpa o responsabilità di chi sbaglia le politiche economiche e segue quelle dettate da un’Europa senza umanità e attenta solo al rigore dei conti pubblici. Un militare in servizio ieri ha detto dopo gli spari del muratore Prieti: “La gente non ne può più e se la prende con noi”. È stato lo sfogo immediato di chi ha appena visto colpiti due suoi colleghi, di cui uno gravemente. Quanti ne sono caduti – carabinieri o poliziotti – mentre servivano lo Stato scortandone i suoi rappresentanti o per difenderlo dalla criminalità politica, mafiosa e comune. Pasolini si schierò dalla loro parte nel ’68. Perché erano i veri proletari: figli del sud povero arruolatisi per avere un lavoro e in aperta guerriglia sessantottina con gli studenti contestatori. Molti dei quali invece, come si diceva allora, di “estrazione borghese”. È vero: qualche volta la stampa li ha attaccati, quando qualcuno di loro si è lasciato andare a eccessi verso cittadini manifestanti. Sono stati episodi per i quali i vertici delle forze dell’ordine hanno chiesto scusa. Ma che carabinieri e poliziotti siano il primo bersaglio, o comunque i più a rischio quando le cose vanno male e c’è fermento sociale e disperazione, nessuno lo può negare. Per cui auguriamo ai due carabinieri colpiti ieri la più completa guarigione. Sperando che la classe politica prenda seriamente coscienza che la questione sociale e la disperazione di chi spara per uccidere o di chi lo fa per suicidarsi è la prima drammatica ineludibile emergenza del paese.
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