di Gaetano Cellura – Una lapide li ricorda come caduti per la “patria”. Per la “patria” siciliana che sognavano e per la quale, con una buona dose di ingenuità politica, si battevano. Sono gli anni della rabbia rovente, dell’onda separatista che investe la Sicilia. Lo scontro a fuoco coi carabinieri avviene una domenica di giugno di ottant’anni fa sulla strada che da Randazzo conduce a Cesarò. Vi perdono la vita il professore Antonio Canepa, alias Mario Turri, teorico dell’indipendentismo siciliano e gli studenti universitari Carmelo Rosano e Giuseppe Giudice.

Erano guerriglieri dell’Evis, l’esercito volontario che dalla primavera del 1944, sotto la bandiera giallorossa della Trinacria, costituisce il braccio armato del Mis, il Movimento per l’indipendenza della Sicilia, variegato e confuso insieme di ceti sociali (proletari, borghesi e aristocratici) i cui leader – Finocchiaro Aprile, Lucio Tasca, Antonio Varvaro e lo stesso Canepa – avevano mire politiche differenti.

Docente di diritto all’università di Catania, autore (sotto il nome di Mario Turri) del libretto La Sicilia ai siciliani, Antonio Canepa faceva parte dei gruppi antifascisti della Sicilia orientale e del Mis rappresenta l’ala di sinistra rivoluzionaria. Nel suo impegno politico abbina teoria e pratica; e diventa uno dei più risoluti fautori della guerra civile contro lo stato unitario e uno dei principali organizzatori dell’esercito indipendentista nel quale si arruolerà anche il bandito Salvatore Giuliano.

In quegli anni, della Resistenza arriva in Sicilia solo l’affascinante racconto. Canepa, che aveva avuto compagni partigiani a Firenze, forse voleva rivivere quell’esperienza nell’Isola alla guida di giovani e coraggiosi guerriglieri. Ma, come dice Francesco Renda, le sue vere doti erano quelle del politico, del capo ideologico: di guerriglia capiva poco, preparazione militare non ne aveva e lo dimostrò con la scarsa prudenza con cui cadde in quella che ancor oggi, pur con tanti dubbi, viene considerata un’imboscata ai suoi danni.

Personalità scomoda, comunque, il professore Canepa; e invisa alla destra separatista, cioè all’aristocrazia feudale, che egemonizza il Movimento. Ed è stata probabilmente la destra separatista, d’accordo con lo Stato italiano, ad averne voluto la morte: “creando” le condizioni per quello scontro a fuoco coi carabinieri, la cui sequenza fu così rapida che nemmeno le testimonianze dei sopravvissuti ne ha reso facile la ricostruzione. Ottant’anni dopo, la sua fine è ancora un giallo senza soluzione. Sapeva troppe cose il professore? Era in possesso di documenti che non dovevano essere conosciuti? Al comando dell’Evis, gli successe Concetto Gallo, che fu arrestato in combattimento ma poté godere, con altri combattenti, dell’amnistia pacificatrice concessa dal ministro Romita.