I principali protagonisti della corsa per le primarie plaudono alla vittoria di Obama. “Ora tocca noi fare la nostra parte – dice Bersani – per vincere e contribuire a un’uscita dalla crisi nel segno dell’equità”. Matteo Renzi e Nichi Vendola si affidano a Facebook. “Che spettacolo! Buongiorno America” scrive il sindaco di Firenze. “Per altri quattro anni. Obama ce l’ha fatta. Buongiorno a tutti” è il commento del governatore della Puglia. Guardano al modello americano. Pensano, con la riconferma di Obama, che anche l’Europa, l’Europa da costruire abbia più possibilità di successo e sia più forte. Da stamattina tornano però a dividersi. Vendola, che rappresenta l’ala movimentista, mostra tutta la propria vicinanza alle sofferenze del mondo del lavoro e a uno stato sociale inclusivo (tema caro anche al Presidente americano in quest’ultima campagna elettorale). Bersani media tra innovazione e conservazione, liberismo e uguaglianza sociale, già si vede al tavolo europeo accanto ai leader dell’Unione. Renzi punta sul rinnovamento radicale della politica, su un nuovo centrosinistra non solo nei volti dei suoi protagonisti, ma nei contenuti del programma per l’Italia come parte dell’Europa e del mondo. Che sia liberale più che socialdemocratico lo confermano le cose che dice tutti i giorni, la parte del partito che si è schierata con lui, quella che vuole rompere vincoli e tabù intorno al lavoro, e il sostegno che gli viene dal giuslavorista e deputato del Pd Pietro Ichino. Domenica scorsa Renzi è stato a Licata. Accolto e applaudito da un pubblico “trasversale” alla ricerca di volti nuovi per il governo dell’Italia. Non c’era nessuno dei militanti storici della sinistra licatese. E questo è un fatto che non meraviglia quanti conoscono certi vecchi retaggi culturali, ma che deve lo stesso far riflettere. Perché anche chi la pensa diversamente va ascoltato: e soprattutto se fa parte dello stesso schieramento. Per poter ribattere, magari in un convegno organizzato qualche giorno dopo. Per rendere chiare a tutti gli elettori delle primarie che in campo non ci sono solo delle opzioni su un’idea nuova di sinistra. Ma delle opzioni per il governo dell’Italia prossima ventura. Purtroppo, gran parte del centrosinistra licatese ha ritenuto, disertando il comizio di Renzi, di renderlo un corpo estraneo al partito e allo schieramento e magari uno che lavora per il nemico. C’è chi lo dice. Sbagliando. Chi scrive non è un liberista. Chi scrive pensa che molte delle idee liberiste di Renzi (e di Ichino per quanto riguarda i temi del lavoro) siano poco utili. Alcune anche dannose, nel momento di crisi economica e di strapotere della finanza che attraversiamo. Ma andare ad ascoltarlo ti fa capire il punto in cui quelle idee possono essere mitigate per meglio venire incontro alla società del merito e alla società del bisogno. Ma forse l’assenza dei rappresentanti della sinistra storica licatese ha voluto essere un altro segnale. Un segnale per l’avvocato e consigliere provinciale Daniele Cammilleri, che con Renzi si è schierato in queste primarie. Un segnale più di carattere locale che nazionale, dunque. È noto che l’attuale capogruppo del Pd alla Provincia vuole candidarsi a sindaco di Licata. Forse i vecchi compagni, disertando il teatro Re, hanno voluto dirgli che non appoggeranno la sua corsa. Non sarebbe la fine del mondo. Perché i vecchi compagni in un’elezione locale e con un programma condiviso si possono sempre recuperare. In tutto o in parte. Il problema semmai per Cammilleri è un altro: fare in modo che il pubblico licatese che ha ascoltato Renzi diventi anche il suo pubblico.
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