La questione è molto seria e non si risolve con il possibile ottenimento dell’ennesima proroga di un anno. O con l’eventuale superamento delle procedure previste dalla legge che impediscono la stabilizzazione dei precari a quei comuni che non hanno effettuato la ricognizione delle piante organiche, inserito le necessarie risorse nei bilanci triennali, o che non siano in pre-dissesto o dissesto finanziario. Questa esplosiva vicenda va affrontata e risolta in maniera definitiva dalle stesse istituzioni politiche (Regione e Stato) che per più di vent’anni hanno alimentato ed utilizzato la speranza di migliaia di (oggi, ex) giovani di ottenere un sicuro posto di lavoro. L’attuale governo regionale, sostenuto da tutte le forze politiche presenti all’ARS, deve chiedere con forza al governo e al parlamento nazionale, le risorse necessarie per chiudere una volta per tutte la vertenza precari ex Lsu ed ex Asu, divenuti nel tempo personale indispensabile per il buon funzionamento di enti locali ed aziende sanitarie. Altre soluzioni tampone, non esaustive e tendenzialmente indirizzate a scaricare gli oneri finanziari della stabilizzazione sugli asfittici bilanci dei già disastrati comuni siciliani, avrebbero solo l’effetto di costringere migliaia degli attuali contrattisti a rivolgersi ai tribunali amministrativi e del lavoro per avere riconosciuto un diritto ribadito anche dalla recente sentenza della Corte di giustizia europea, che impone l’assunzione a tempo indeterminato per chi è precario, senza soluzione di continuità, da decenni. Un’eventualità che porterebbe il comune di Licata (come tanti altri comuni) a chiudere i battenti, costretto, da sentenze esecutive, ad assumere e a pagare con fondi propri, stipendio ed oneri a ben 136 dipendenti ex contrattisti. L’effetto sarebbe devastante: non ci sarebbero risorse sufficienti per pagare gli stipendi ai dipendenti comunali (tutti), con conseguenti ed inimmaginabili tensioni sociali. Mi chiedo: può la politica ignorare un simile scenario?
Angelo Biondi