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Banche, nell’Isola supremazia netta di quelle non regionali

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Per essere competitivo un sistema produttivo necessita di essere affiancato da un sistema creditizio efficiente. Se non funziona il secondo si ingolfa anche il primo. Occorre allora passare in rassegna lo stato di salute del mercato creditizio siciliano per comprendere se esistono disfunzioni. Il primo dato importante da commentare è che nel mercato del credito siciliano le banche non siciliane la fanno da padrone. Nonostante vi siano 34 banche regionali e 32 non regionali, le prime dispongono di 510 sportelli mentre le seconde più del doppio, ossia ben 1230. La forte presenza di istituti di credito non siciliani sul territorio isolano non necessariamente deve essere interpretato come un dato negativo. Ed infatti, questa potrebbe rappresentare un’opportunità di crescita e sviluppo se si concretizzasse in una maggiore capacità di erogazione di credito, in favore delle famiglie ma soprattutto delle imprese, rispetto a ciò che le banche locali sono in grado di fare. In realtà, non sempre la presenza di banche non siciliane sul territorio rappresenta un volano di sviluppo. Ed invero, ad accrescere la supremazia delle banche non siciliane sul territorio concorre, oltre al dato quantitativo, anche la preferenza loro accordata dal risparmiatore siciliano rispetto agli istituti di credito “made in Sicily”. Ed infatti, esaminando la quota di depositi raccolti dalle banche siciliane emergerà un dato piuttosto magro e cioè che le banche locali raccolgono soltanto il 19,57% della raccolta di tutte le banche operanti nell’isola. Il restante 80,43% è raccolto da banche aventi sede fuori dalla Sicilia. I dati riportati sono stati pubblicati sul Bollettino Statistico della Banca d’Italia relativo al primo trimestre 2011 e sull’Osservatorio Regionale delle attività delle banche regionali, relativo al primo semestre 2011, pubblicato dall’Assessorato Regionale Siciliano dell’Economia, Dipartimento delle Finanze e del Credito. Sul piano degli impieghi invece, e quindi del credito erogato ai privati, emergono due dati sconfortanti. Il primo è che la maggior parte del credito erogato, ossia il 43,76% viene concesso alle famiglie e non alle imprese, e ciò a differenza di quanto avviene in campo nazionale, in cui il credito concesso alle famiglie precipita al 26,29%, rispetto alla quantità complessiva di credito erogato. Il secondo dato che ci lascia presagire come la massiccia presenza di banche non siciliane sul territorio abbia il sapore della colonizzazione, è dato dalla percentuale di prestiti concessi alle imprese che è pari al 59,64% per le banche regionali e 42,34% per le banche con sede fuori dalla Sicilia. In percentuale quindi le banche siciliane finanziano le imprese dell’isola più di quanto facciano le banche non siciliane. L’ultimo dato di una certa significatività è rappresentato dal confronto tra i dati relativi all’attività bancaria svolta in Sicilia e quelli relativi ad altre regioni italiane. Sul piano degli impieghi complessivamente il sistema bancario impiega in Sicilia 60.435 milioni di euro, a fronte di una cifra pari a più del doppio in una regione come il Veneto (meno estesa della Sicilia e con una popolazione di poco inferiore), in cui gli impieghi ammontano a 158.205 milioni di euro (la Lombardia, la regione italiana dove maggiori sono gli impieghi bancari ne conta 493.354). Sul piano del rapporto tra impieghi e depositi, questi in Sicilia sono rispettivamente pari a 47.032 e 34.269 milioni di euro, a fronte di un dato relativo alla regione Veneto pari rispettivamente a 146.047 e 78.268 milioni di euro, ossia quasi il doppio, a fronte di un rapporto pari a 1,3 per la regione Sicilia (la regione Lombardia, per intenderci, ha un rapporto tra le due voci pari a quasi 2,5, con impieghi ammontanti a 630.449 e depositi pari a 257.653). Insomma, lo spread tra credito erogato e risparmio raccolto è molto più basso in Sicilia che nelle regioni a più alto tasso di competitività. Ciò induce a compiere almeno due considerazioni. La prima riguarda il sistema bancario non locale. Poiché la presenza di banche non siciliane nel mercato bancario isolano è così elevata e poiché le stesse banche erogano più credito nelle regioni maggiormente industrializzate bisogna concludere che detti istituti di credito non si fidano particolarmente dell’imprenditorialità locale. Sotto altro profilo, senza voler insinuare che ci sia un travaso di risparmio dal sud al nord, fenomeno che semmai può riguardare qualche istituto in particolare e non il sistema nel suo complesso, occorre iniziare a riflettere sull’opportunità di compiere, d’intesa con le associazioni di categoria e gli enti rappresentativi dei risparmiatori, una buona riforma del credito in Sicilia, volto a rendere più competitivo il sistema creditizio regionale. Del resto, l’art. 17 dello Statuto della Regione Sicilia prevede la possibilità di emanare leggi in materia di credito “al fine di soddisfare alle condizioni particolari ed agli interessi propri della Regione”. Di certo l’interesse a rimuovere un’anomalia nel mercato del credito siciliano, riallineando la Sicilia alle altre Regioni e colmando un gap rispetto a Regioni più forti economicamente, può essere considerato un interesse della Regione. La seconda considerazione è che se le banche erogano proporzionalmente meno credito in Sicilia rispetto alle altre Regioni evidentemente sussiste un problema di affidabilità della classe imprenditoriale siciliana la quale in primis deve provare a fare il salto di qualità. Perché se è vero che lo sviluppo della Sicilia è stato frenato dalla presenza di una classe politica borbonica e sciupona, è anche vero che il nostro ceto imprenditoriale troppo spesso si è mostrato pigro, a corto di idee ed interessato al guadagno nel breve periodo piuttosto che ad una progettualità dagli ampi orizzonti. Per correggere pertanto le disfunzioni del settore creditizio siciliano, da cui origina la prima forte penalizzazione rispetto alle regioni del nord, occorre migliorare la qualità della disciplina legislativa regionale in materia creditizia (sostenendo le banche regionali o regolamentando il rapporto tra risparmio raccolto e credito erogato per gli istituti di credito che svolgono attività bancaria anche fuori dall’isola) ma anche provare a migliorare la qualità della classe imprenditoriale (ad esempio stimolando lo strumento della cooperazione, necessario per combattere il fenomeno del nanismo imprenditoriale siciliano o comunque sostenendo chi ha idee vincenti e innovative e non chi è vicino al potente di turno).

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Gioacchino Amato (articolo pubblicato sul Quotidiano di Sicilia del 19 settembre 2012)

                                           

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