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Per la seconda volta consecutiva l’Ars viene sciolta anticipatamente. I suoi lavori sono stati dichiarati ufficialmente conclusi dal presidente Cascio lo scorso cinque settembre. Il parlamentino siciliano, durato complessivamente 1600 giorni, ha approvato 98 leggi, numero uguale a quello della legislatura 2001-2006, e ha svolto 377 sedute d’aula. Altri numeri: 34 deputati su 90 hanno cambiato casacca, rinverdendo la pratica del trasformismo politico. A spostarsi maggiormente da un gruppo all’altro – ben cinque volte – è stato l’onorevole Francesco Musotto, ex presidente della provincia di Palermo. Da queste migrazioni si è salvato un po’ soltanto il Pd, che ne ha registrate appena quattro in quattro anni di legislatura. Una l’anno. Qualche riflessione è d’obbligo. Considerato il badget dell’Assemblea regionale siciliana – 170 milioni di euro –, le leggi approvate sono costate alla collettività 7,5 milioni di euro ognuna; e le sedute svolte hanno avuto il ritmo di una  ogni quattro giorni. Di meritato (si fa per dire) riposo gli altri tre giorni della settimana. Ricordiamo che l’Ars è equiparata al Senato della Repubblica, che nello stesso arco di tempo si è riunito 788 volte. E i senatori non sono certo degli stacanovisti. Bene, se questo è il livello di produttività dei nostri deputati regionali e tanto ci costa in relazione ogni legge approvata; se molti di loro sono presenti all’Ars da almeno vent’anni, e qualcuno anche di più e non vuol sentirne di ritirarsi, la nostra decisione di votarli o di rivotarli non può esimersi, almeno per una volta, da un’attenta valutazione politica. Se davvero vogliamo una Sicilia migliore.