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Mesi trascorsi a parlare di primarie del centrodestra. A strombazzarle, mentre l’altra parte le faceva. Mesi di chiamate ad Arcore o a palazzo Grazioli, seguite spesso da comunicati o da dichiarazioni prive di senso e di chiarezza. Alla fine, – e c’erano le schede elettorali già pronte: Meloni, Santanchè e Crosetto determinati a correre per il dopo Berlusconi, per una destra senza il Cavaliere – alla fine, sciocco  chi c’ha creduto. Le primarie non servono più. Perché il “padre nobile” del partito ridiscende in campo: selezionerà per un posto in lista buoni e cattivi, quelli che non l’hanno abbandonato e l’hanno difeso da quanti al contrario hanno sperato nel suo ritiro. Tra affrettati passi avanti e precipitose marce indietro, Angelino Alfano ha provato a fare il leader per qualche mese di un partito che non l’ha mai seguito e che probabilmente non l’ha voluto (compreso il “padre nobile”). Da Milanello, per la settimanale visita al suo Milan prima della partita di campionato, Berlusconi definisce disastrosi i risultati del governo Monti. Se ne accorge solo ora? Non li ha votati in parlamento anche il Pdl i provvedimenti (l’IMU, questo mese) che stanno dissanguando gli italiani? E non l’ha resa necessaria il fallimento del suo governo la parentesi dei tecnici? (A proposito: alla televisione la Fornero ha appena detto che non si candiderà. E chi l’avrebbe votata?) Il problema vero di tutti quelli che stanno attorno a Berlusconi non è l’Italia e neppure la costruzione di una destra moderna, ma la conservazione del seggio alla Camera o al Senato. Cosa che a molti di loro il Cavaliere di nuovo in campo può in qualche modo garantire. E c’è chi vi spera nonostante i sondaggi negativi.

(g.c.)