L’ha voluto il centrodestra nel 2005: per calcoli di parte e per eliminare l’unica legge elettorale, il Mattarellum, mai passato sotto le forche caudine della Corte costituzionale e in linea con il referendum popolare del 1993. Gli italiani scelsero allora il sistema maggioritario uninominale, limitato per l’elezione della Camera da un 25 per cento dei seggi distribuito e assegnato con quota proporzionale.
Non era la migliore legge possibile, ma l’unica – possiamo dire – che ha funzionato e che ha seguito le indicazioni popolari. Nulla di paragonabile alle successive leggi – una già dichiarata illegittima, e l’altra a rischio di seguirne la sorte.
Se si decide di votare a febbraio, senza perdere ulteriore tempo (con governi istituzionali o di scopo o tecnici e via dicendo), una legge bell’e pronta dunque ci sarebbe. Ed è il Mattarellum con cui abbiamo votato nel ’94 (vittoria di Berlusconi), nel 96 (vittoria di Prodi) e nel 2001 (nuova vittoria di Berlusconi). Senza bisogno di disegnare i collegi uninominali: basta infatti ristabilire quelli della legge frettolosamente abolita. Voteremmo con una scheda per il Senato e con due per la Camera eletta con il sistema misto.
A nulla vale l’obiezione a una legge partorita più di vent’anni fa per un sistema bipolare, rispetto a quello tripolare in cui oggi ci troviamo, perché un semplice correttivo – l’assegnazione di novanta seggi al partito o alla coalizione meglio piazzata – risolverebbe il problema della maggioranza parlamentare e dunque della governabilità.
Alcuni sono d’accordo. Altri no. Alcuni non sanno cosa vogliano. Altri, ancora, intendono tirare a campare. Mentre molti mirano solo a completare la legislatura per garantirsi il vitalizio. Tra polemiche, accuse varie e in un clima così infuocato che solo le elezioni immediate potrebbero placare. La legge elettorale c’è. Si applichi il Mattarellum e si vada al voto. D’altra parte, credete che questo parlamento, così diviso e rissoso, sia in grado di votarne una nuova?
(g.c.)