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La nomina del direttore generale dell’Aica, rinviata la settimana scorsa e ratificata ieri, gode del sostegno soltanto del 29 per cento dei comuni agrigentini. La nuova direzione parte dunque politicamente svantaggiata. Sebbene i requisiti del nuovo direttore Domenico Armenio rispondano interamente a quelli previsti dal bando di selezione. Quasi tutti i comuni più grossi della provincia – Licata tra questi insieme ad Agrigento, Canicattì e Ribera – si sono astenuti dal ratificarla (rappresentano il 55 per cento). E non si capisce a questo punto a quale gioco stiano giocando, visti i contorni ambigui assunti dalla vicenda. Che ci sia dietro la volontà politica di restituire ai privati la gestione del servizio idrico integrato?

La domanda è legittima anche perché solo sette dei trentatré comuni agrigentini hanno versato nelle casse dell’Aica la quota di competenza resa possibile dal prestito regionale (dieci milioni) per favorire l’avvio della nuova azienda pubblica; e una sua gestione senza ostacoli di natura finanziaria. Prestito verso il quale le associazioni a tutela dell’acqua pubblica hanno sempre manifestato forti perplessità per le contraddizioni insite nella sua erogazione. La più importante è quella di non averlo concesso la Regione direttamente all’Aica. E a fondo perduto. Come ai gestori privati nel 2007/2008. Quest’ultimo è uno dei tanti paradossi, per non dire misteri, della politica siciliana. Ai privati un prestito regionale a fondo perduto – denunciano le associazioni – e all’Aica un prestito che i comuni agrigentini devono invece restituire. E sappiamo in quale grave precarietà finanziaria i comuni versano. Ma se per alcuni comuni questa precarietà è oggettiva; per altri (e per chi li guida) potrebbe essere il pretesto politico per boicottare la piena e serena entrata in funzione della nuova azienda consortile.

Al nostro sindaco abbiamo più volte chiesto chiarimenti sulla posizione del comune di Licata, sempre ai margini nel processo di costituzione dell’Aica e a tutt’oggi l’unico a non aver versato neppure le preliminari quote sociali. Ricevendone come risposta un sempre più imbarazzante silenzio. Imbarazzante per i cittadini. Quanto deve durare questo silenzio? E perché i consiglieri comunali non gli chiedono di riferire in aula?

I cittadini hanno il diritto di essere informati. Non solo dai giornali. Il diritto di sapere cosa non va nella nomina del direttore generale. E saperlo direttamente dai rappresentanti dei comuni che si sono astenuti dal ratificarla. Quei comuni che hanno prima ritenuto restrittive e poi troppo ampie le norme del bando di concorso – ritenuto invece “ottimo” dalla vicepresidente dell’Aica (La Sicilia del 21 Aprile). Il passaggio all’acqua pubblica è complesso, lo sappiamo. E tante sono le difficoltà sul cammino della nuova gestione. Ma a questo serve la politica. A risolvere le situazioni complesse. Non a complicarle.

Gaetano Cellura