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Adesso è tutto chiaro, il comune di Licata nel processo che ha portato alla costituzione di AICA (Associazione Idrica Comuni Agrigentini), non ha, di fatto, toccato palla pur essendo uno dei soci di maggiore peso. Ben vengano le “operazioni verità”, con relative assicurazioni, per voce del sindaco, che Licata non accederà alla propria quota del mutuo concesso della Regione da versare nelle case vuote della neonata società consortile. “Provocherebbe un “buco” da ben 800.000 euro nelle casse dell’ente. Mutuo da restituire in 5 anni, con un costo per il Comune, e di conseguenza per i cittadini, di oltre 190.000 euro all’anno”, è la motivazione di Galanti. Giusto! Ma siamo sicuri che questo è il modo corretto per tutelare le casse dell’ente e gli interessi dei licatesi? Se (e non ho motivo di dubitare delle parole del sindaco) Aica “è partita zoppa”; Se, oltre a non avere il capitale iniziale per il necessario start-up, sta operando in continua perdita (le entrate pare sono ben lontane da bilanciare le enormi uscite); Se, quella che doveva essere la tanto agognata “gestione pubblica” dell’acqua nella nostra provincia, rischia di diventare l’ennesimo carrozzone politico nelle mani dei “potenti” di turno, dove efficacia, efficienza, economicità e soprattutto trasparenza andranno a farsi benedire, in nome di interessi clientelari e di bottega; Se Aica, prima di arrivare all’inevitabile fallimento economico, produrrà una montagna di debiti, che successivamente dovranno essere ripianati dai comuni soci (fra cui Licata) sulla base delle quote percentuali possedute, di quanto sarà il “buco” per le casse comunali del nostro comune e di conseguenza per le tasche dei licatesi? Ma evidentemente, questo poco importa all’attuale sindaco, ormai definitivamente votato allo sport del “lavaggio delle mani”, sarà un problema della futura amministrazione. Scusate se insisto, ma non è questo il modo per tutelare gli interessi di Licata, contribuire al fallimento di Aica, significa decretare la fine della gestione pubblica dell’acqua e agevolare coloro che (è il sospetto di qualcuno) lavorano per il ritorno ad una lucrosa gestione privata. Il percorso è un altro: si coinvolgano tutte quelle amministrazioni che non hanno ancora contratto il mutuo, le associazioni che da sempre si battono per l’acqua pubblica, si dia manforte alla consulta degli utenti che reclama un confronto sulla situazione finanziaria e gestionale della società consortile, si faccia, insomma, diventare il comune di Licata, promuovendo continui incontri e pubbliche assemblee, protagonista e baluardo in difesa di una, sana e sostenibile, gestione pubblica dell’acqua.

Angelo Biondi – ex sindaco di Licata