I consigli comunali di Agrigento e di Licata avevano, hanno ancora il dovere di chiedere al governo regionale il voto in autunno (e cioè ora e subito) nelle due città commissariate. Che non possono attendere la prossima primavera per eleggere i rispettivi sindaci. Anche i partiti, il Pd soprattutto, avevano e hanno lo stesso dovere. Nessuna pubblica protesta invece si è levata contro il rinvio del voto. Né ad Agrigento né a Licata. Più che il reale interesse per le città e i loro problemi è prevalso il calcolo, la convenienza politica. Il voto in autunno avrebbe costretto i partiti a correre, a piegarsi a candidati di scarso gradimento. Meglio tirarla per le lunghe: e mediare, cercare accordi, barattare posti di potere. I cittadini, le istituzioni, la democrazia commissariata possono aspettare. Chi se ne frega? Chi se ne frega del vuoto di potere già visibile tanto ad Agrigento che a Licata? Chi pensa all’assurdità di esecutivi presenti solo due giorni a settimana?
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Questa situazione dovrebbe durare sino ad aprile o a maggio del 2015. Una lunga transizione. Troppa lunga, viste le scadenze urgenti. C’è tutto il sistema della raccolta dei rifiuti da ridefinire, il nuovo assetto dei liberi consorzi, le imposte comunali portate al massimo previsto dalla legge, il welfare comunale e i diritti di lavoratori e pensionati sotto attacco, una situazione di povertà diffusa, di giovani senza lavoro e d’insicurezza generale. Può una città, possono Agrigento e Licata affrontare problemi e scadenze improcrastinabili per tanto tempo senza esecutivi democraticamente eletti?
Non sappiamo se davvero siano stati motivi di spending review a non far votare prima possibile i comuni commissariati. O se invece abbiano influito di più, presso il governo ragionale, le pressioni di chi non è pronto per affrontare le elezioni. Ciò di cui siamo certi è il torto fatto alle nostre due città. Dal governo regionale e dalla politica agrigentina e licatese. Che preferisce lo stallo all’amministrazione democratica e alla soluzione dei problemi urgenti. Il tempo perduto non si recupera. La situazione di Agrigento forse non è equiparabile a quella di Licata. Forse. Ma Licata – di questo siamo certi – non può permettersi altro tempo perso. Ha già visto sfumare finanziamenti importanti, sta per apprestarsi a votare altri provvedimenti di sangue e lacrime per quanto riguarda l’ex IMU e la tassa sui rifiuti. Nel frattempo prende sempre più piede la consapevolezza, tra commissariamenti vari dall’Ue a scendere, d’una democrazia ridotta a optional. Non solo ad Agrigento e non solo a Licata.
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