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Si rimane francamente perplessi sulla neonata Commissione consiliare per la situazione idrica a Licata. I compiti più importanti di cui dovrebbe farsi carico vengono già svolti in particolare dall’Assemblea dei sindaci dell’ATI, i veri controllori dell’Aica, l’azienda consortile “speciale” subentrata alla fallita Girgenti Acque, e gli eventuali soli interlocutori della Regione nel processo in atto per la riforma e il riordino del settore delle acque in Sicilia. Rischia di aggiungere ulteriore confusione, se non individua i problemi precisi su cui concentrare la propria attenzione.

Ferme restando le nostre perplessità su questa Commissione, una volta costituita su cosa dovrebbe indagare? Sull’emergenza idrica estiva vissuta da molti cittadini licatesi? Se ne conoscono già le cause, riconducibili (com’era previsto) al cambio della gestione, da privata a pubblica, e alle inevitabili criticità che questo passaggio avrebbe comportato. E per il ritardo con cui l’Aica è stata costituita: soltanto nell’ultima fase di un processo durato due anni (il periodo cioè della gestione commissariale) e durante i quali tutto poteva essere meglio preparato fidando anche sull’esperienza nel frattempo maturata dal commissario Venuti. Ma si sa come funziona la politica, vera responsabile del ritardo, e la pletorica Assemblea dell’ATI nella fattispecie. Fare il processo al passato ormai non serve a nulla: quello dell’acqua – della sua penuria e della sete d’un popolo – è un problema storico di Licata. Che chiama in causa, da almeno settant’anni, le sue classi dirigenti e sul quale si è detto e si è scritto di tutto e di più.

Proviamo dunque a immaginare o a suggerire quali potrebbero essere i compiti della nuova Commissione consiliare. Innanzitutto quello di chiedere al sindaco conto e ragione del ruolo marginale e del tutto irrilevante svolto dall’amministrazione comunale di Licata nella vicenda politica della costituzione dell’Aica, interamente gestita dai comuni occidentali della provincia. Se poi vuole contare davvero, tra i suoi compiti potrebbero esservi quelli di farsi carico (presso l’Aica) di tutti i chiarimenti necessari ai cittadini in questa fase di sovrana confusione e di sovrapposizione di bollette idriche, in parte emesse della nuova azienda consortile per fare subito cassa e in parte dalla vecchia (e non più esistente) gestione commissariale per chiudere i conti pregressi. Avrebbe infine la nuova Commissione un compito più impegnativo e di alto profilo politico da svolgere. Quello di tenere sott’osservazione e sotto pressione, in materia di acqua come bene comune e primario per i cittadini, gli attuali padroni del discorso pubblico. La Regione vuole davvero porre fine alla privatizzazione dell’acqua in Sicilia?

Questo non è affatto chiaro. Vista la lentezza con cui procede la riforma del settore delle acque nell’Isola. Forse gli ultimi due anni del governo Musumeci non basteranno per arrivare alla costituzione dell’AIS, l’Autorità idrica siciliana che dovrebbe mettere fine, se vuole agire seriamente, a una gestione privatistica che presenta carenze in ogni suo ambito provinciale. Avviare un serrato confronto con con l’assessora al ramo Baglieri, solo questo potrebbe dare un senso alla nuova Commissione consiliare per i problemi idrici di Licata. E dimostrare che la città che più d’ogni altra – e drammaticamente – questo problema l’ha vissuto nel lontano passato ha tutta la volontà politica di chiedere e avere le dovute garanzie affinché il passaggio da Girgenti Acque all’Aica, e cioè all’acqua pubblica, non sia una presa in giro. L’ennesima per Licata.

Gaetano Cellura