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di Gaetano Cellura Come volevasi dimostrare e come previsto sin dall’inizio l’aumento delle tariffe Aica graverà sui cittadini. Alla faccia del ritorno al servizio
pubblico dell’acqua nell’agrigentino dopo il fallimento del gestore privato. L’ha approvato il Consiglio dei sindaci dell’Ati. Quegli stessi sindaci che quattro anni fa si erano opposti all’aumento proposto dai privati. La decisione, contestata dalla Consulta per l’acqua pubblica, viene giustificata come estrema ratio dai primi
cittadini della nostra provincia. Per i quali è giusto oggi quello che era sbagliato nel 2018.
Ma è proprio così? Proprio inevitabile è l’aumento delle tariffe idriche alla luce delle condizioni finanziarie della nuova azienda consortile (l’Aica, appunto)?
Per la Consulta certamente no. A questa decisione estrema, che svuoterà le tasche dei cittadini, per la Consulta e per il suo presidente Alvise Gangarossa bisognava arrivare dopo aver risolto le tante criticità, ancora presenti all’interno dell’Ato idrico, e le contraddizioni, territoriali e politiche, su cui sindaci e Regione si guardano bene dell’intervenire. E si tratta della mancata concessione ad Aica delle infrastrutture del Tre Sorgenti e del Voltano. Si tratta della vexata quaestio relativa agli otto comuni della montagna, che continuano a gestire direttamente le proprie acque purissime in base all’articolo ex 147. Per finire con le ventitremila utenze a forfait e con il prezzo industriale con cui Siciliacque ci vende la naturale risorsa.
La realtà dei fatti ci dice che l’acqua, bene comune, non potrà tornare pubblica finché a venderci ciò che è nostro sarà un soggetto a maggioranza privato, come
Siciliacque. E questo è il primo nodo politico da sciogliere, a livello regionale, se davvero vogliamo parlare seriamente di un ritorno all’acqua pubblica. Ma non mi pare che questo tema sia nell’agenda Schifani. Per cui pagheremo di più l’acqua.
Questo l’amaro risultato. Comunque si chiami il gestore, Aica o Girgentiacque.
La Consulta per l’acqua pubblica svolge una grande e lodevole funzione a favore della trasparenza e nell’interesse dei cittadini. Ma è chiaro che senza un risveglio della politica (regionale, soprattutto) sul tema dell’acqua pubblica, senza una sua resipiscenza sull’errore che ha commesso privatizzandola, non finiremo mai di essere cittadini vessati. Il consiglio comunale di Licata, da parte sua, apra un dibattito su questo argomento, di stringente attualità. E lo stesso facciano, a partire dal nuovo anno, se la politica ha ancora un senso, i candidati alla carica di sindaco.
Che con Ati e Aica, il decollo o meno di quest’ultima, dovranno cimentarsi.