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Palazzo-della-Provincia1L’abolizione delle province siciliane, tra cui la provincia di Agrigento, comporta la fine di un’era politico-amministrativa. A differenza delle Regioni le quali, seppur previste nella Costituzione Repubblicana del 1948, divennero operative soltanto nel 1970, le province furono istituite nel periodo sabaudo preunitario, con il Decreto Rattazzi del 1859 che aveva mutuato la ripartizione territoriale adottata dalla Repubblica Francese. Ma soltanto con la legge Lanza del 1865 le province assunsero la fisionomia che grosso modo hanno conservato fino ad oggi, diventando un ente di natura politica, con membri eletti dal popolo sovrano. Ebbene, oggi che la Provincia di Agrigento, insieme alle altre Province siciliane, si accinge a finire in soffitta è francamente arduo, per un licatese, nutrire sentimenti di nostalgia per un ente che ha da sempre relegato a una posizione di subalternità il Comune di Licata, nonostante fosse il secondo comune della Provincia per popolazione, e rappresentasse quasi un decimo della popolazione residente nella provincia. In questi 154 anni, infatti, la popolazione licatese ha ricevuto da questo ente molto meno rispetto a quanto sarebbe stato legittimo attendersi e ciò perché Licata è stata da un lato schiacciata dal ceto politico-amministrativo agrigentino, il quale ha monopolizzato e fagocitato i benefici derivanti dall’ente, dall’altro ridotta all’irrilevanza dalle consuete divisioni interne di una società locale eternamente abituata a polverizzare e disperdere il consenso tra mille rivoli. Sicuramente, oltre allo strapotere del capoluogo di provincia, vi sono state molte realtà più piccole di Licata che hanno tratto dall’ente provinciale vantaggi maggiori rispetto alla nostra città. Basti pensare a realtà come Sciacca, Ribera o alla vicina Palma di Montechiaro la quale, oltre a vantare l’ultimo Presidente della Provincia, negli anni ha fatto incetta di assessori di primaria importanza. licata_palazzo_di_citta1Per non parlare poi del dato incredibile consistente nel fatto che Licata, nonostante il suo peso in termini di popolazione, non ha mai avuto il privilegio, almeno negli ultimi 30 anni, di vantare un Presidente della Provincia. Non mi strapperei quindi le vesti per l’abolizione di una Provincia che non ha mai valorizzato adeguatamente il territorio licatese e ciò anche perché, pur consapevole del fatto che in un momento di forte recessione economica la provincia rappresentava un seppur minimo sbocco lavorativo (anche se in prevalenza per Agrigento città più che per il territorio provinciale), la stessa dava luogo oggettivamente a sprechi di risorse e ad alcuni nonsensi economici. Mi è capitato di chiedere a un amico assessore provinciale, a fronte di una retribuzione percepita pari a circa 60 mila euro lordi annui, a quanto ammontasse il budget di cui poteva disporre il suo assessorato e mi ha sorpreso apprendere che si trattava di sole 80 mila euro. Insomma, c’era un’evidente sperequazione tra costi delle poltrone e mansioni svolte. Stento a comprendere a cosa serve retribuire qualcuno per distribuire un budget di poco superiore alla somma percepita dal distributore. Mi piacerebbe adesso conoscere come e in favore di chi lorsignori intendono ripartire il patrimonio non trascurabile della provincia di Agrigento (comprendente non solo immobili ma anche partecipazioni societarie, beni mobili e liquidità). Su questo fronte i Comuni dovrebbero unirsi per rivendicare una quota proporzionale del patrimonio della provincia, anche perché gli stessi erediteranno le funzioni in precedenza spettanti all’ente e non è giusto che se ne facciano carico senza nessun incremento di risorse economiche. Mentre sul piano del quantum della distribuzione occorre combattere una battaglia per far passare il criterio della popolazione numericamente rappresentata dai singoli Comuni. Insomma l’assegnazione dovrebbe avvenire secondo il principio che il patrimonio segue le funzioni amministrative e quindi viene attribuito al nuovo titolare delle stesse (stiamo attenti quindi ad impedire che la Regione, con una propria legge, assegni ai Comuni le funzioni, riservandosi il patrimonio delle province disciolte).  Ciò detto, ed archiviata questa lunga ma fallimentare esperienza politico-amministrativa, si apre una nuova stagione in cui Licata deve a tutti i costi recuperare la  centralità che legittimamente le spetta, stando ben attenta a non farsi marginalizzare da chi è scaltramente pronto a trarre profitto dalle divisioni interne che lacerano la nostra, a volte ingenua, città. Ed infatti, l’abolizione delle province siciliane non impedirà ai Comuni siciliani di aggregarsi in liberi consorzi di Comuni. E qui viene il bello. Anziché svolgere il ruolo ancillare di bella statuina, Licata dovrebbe assumere l’iniziativa politico-istituzionale di coinvolgere alcuni Comuni limitrofi con i quali sussiste una contiguità territoriale, oltre che un’affinità di comune sentire. Ad esempio i Comuni di Palma di Montechiaro, Naro, Camastra, Ravanusa, Campobello di Licata appartengono grosso modo all’area di Licata e credo non avrebbero difficoltà a riconoscere alla nostra cittadina un ruolo non dico egemonico ma quanto meno di impulso e di stimolo del territorio rappresentato, anche perché una crescita di Licata arrecherebbe vantaggi anche a questi Comuni. Se poi aggiungiamo altri due Comuni della ex Provincia di Caltanissetta, cioè Delia e Sommatino, arriviamo a una comunità di oltre 110 mila abitanti i quali, coagulati in un’unica realtà, potrebbero far sentire la propria voce in maniera molto più significativa di quanto non possa fare la sola Licata. Ciò non vuol dire naturalmente riprodurre in piccolo l’esperienza negativa della Provincia di Agrigento. Ed infatti un libero consorzio di Comuni dovrebbe distinguersi per il fatto di disporre di una struttura snella con costi minimi, ossia lo stretto indispensabile per lo svolgimento delle specifiche mansioni di volta in volta individuate, senza quindi l’appesantimento di oneri economici per lo svolgimento di cariche istituzionali o per personale alle dipendenze del consorzio. Il Consorzio dovrebbe portare a casa risultati tangibili, soprattutto di natura infrastrutturale, nella consapevolezza che una Provincia come quella di Agrigento con 49 Comuni, che andava da Licata a Menfi e che quindi inglobava Comuni privi di qualsiasi affinità, non ha fatto altro che disperdere in tanti canali le poche risorse a disposizione e soprattutto ha rappresentato un territorio poco compatto, privilegiando costantemente alcuni Comuni a discapito di altri meno coesi o geograficamente più periferici, come appunto Licata che è l’ultimo Comune del versante orientale della Provincia di Agrigento. Ma per esercitare una leadership nei confronti di altri Comuni più piccoli Licata ha prima bisogno di trovare un leader in casa propria che possa guidarla con lungimiranza, personalità e che soprattutto brilli di luce propria e non di luce riflessa. Altrimenti nessuno accetterà mai di legare la propria sorte a una Comunità che all’esterno appare litigiosa e lacerata in mille fazioni.

Gioacchino Amato