Pubblicità

Sappiamo – lo sapevamo da molto tempo – che sarebbe stato un bilancio sangue e lacrime. E ancora di più lo confermano le parole del Sindaco lette oggi sul quotidiano La Sicilia. Un bilancio fatto di tasse elevatissime imposte a una città impoverita nel tessuto sociale e nello spirito, svuotata d’ogni certezza sul futuro, condannata a un destino di tristezza, di sacrifici e di miseria. Sarà approvato domani dalla giunta comunale in ritardo rispetto al previsto e frutto, come già negli anni passati, di scelte alcune improvvisate, altre imposte dalle circostanze. Fa specie l’ottimismo del sindaco Graci: “C’è da soffrire, ma domani sarà tutto più semplice”, le sue parole. A quale programmazione radicale allude quando afferma che, una volta pagati i debiti, sarà possibile “valorizzare al meglio le potenzialità del nostro territorio”? Ha idea Angelo Graci della situazione reale di Licata? Avverte il dolore sempre più acuto di una città intera? Vede la desolazione in cui versano il centro storico, le piazze, i corsi principali con le saracinesche dei negozi definitivamente chiuse? Sa quante sono le attività cessate e le licenze consegnate? Può riaversi, ritrovarsi, rinascere una città di pensionati e di lavoratori sui quali grava la crisi più pesante e dove mancano denaro e lavoro non solo per i giovani? Licata è questa: la città che vediamo di sera, soprattutto. Senza le vetrine illuminate, le luci dei negozi che ne sono la vita. Licata è una città nella notte profonda anche di giorno. Per quanto difficili siano i tempi, per quanto precarie le condizioni di vita del paese in generale, per quanto incapace sia la politica italiana di riappropriarsi del proprio ruolo, quello di trovare equilibri accettabili tra bisogni di cassa e bisogni vitali dei cittadini, per quanto questa incapacità sia diventata oggi una delega in bianco alla tecnocrazia, l’approvazione di un bilancio, quale che sia (e lo analizzeremo meglio nei prossimi giorni), non costituisce alcun merito per la giunta. Perché anche in condizioni proibitive il bilancio una sua anima la deve avere. Non può essere un semplice strumento contabile. Né può essere motivo di soddisfazione, come crede il Sindaco, aver evitato il dissesto finanziario del Comune. Perché il dissesto c’è sempre. È nei fatti. È tecnico. Ed è anche, dopo cinque anni, un dissesto politico.

(g.c.)