bet_36_672-458_resizeQuell’anno ha cambiato la storia italiana? È vero, ma l’ha cambiata in peggio. Ha distrutto a colpi di manette la democrazia e la classe dirigente del paese, ancora la migliore rispetto a quella vista all’opera nei tredici anni successivi e fino a oggi. Ieri sera sulla 7, nella trasmissione della Gruber, Stefania Craxi ha difeso la storia della prima repubblica con dati alla mano. Era un’Italia la cui l’economia cresceva, rispettata sul piano internazionale, e con una classe politica selezionata all’interno dei partiti ognuno dei quali aveva sezioni e strutture su tutto il territorio, organizzava convegni e congressi in cui ognuno poteva dire la sua e votare i propri rappresentanti.
C’era la corruzione? Sì, c’era. I piccoli imprenditori venivano taglieggiati? Sì, è vero. Ma è pur vero che molti di loro stavano ormai al gioco, che quel sistema l’avevano accettato e che nessuno – finché i soldi c’erano e gli appalti venivano divisi in modo da soddisfare i loro interessi – pensava di doverlo denunciare. Ed è vero anche che i grandi gruppi, i potentati economici del paese, proprietari dei giornali che avrebbero poi sostenuto l’azione di Mani pulite, partecipavano allo stesso gioco, ma da una posizione di forza rispetto a quella delle piccole imprese. Com’è vero infine che la corruzione non è stata affatto fermata e che ha ancora di più condizionato, negli anni successivi, la democrazia e la vita pubblica italiana.
Molti di noi ricordano bene quell’anno 1992, quella storia diventata ora una fiction di Sky, seguita da 725 mila spettatori con indici dunque superiori a quelli di Gomorra. E li ricordano come anni cupi. Anni di manette e di falsi eroi. Di cappi esposti in parlamento. Di suicidi di politici e di imprenditori. Anni di paura. Anni di sospensione dello Stato di diritto. Anni in cui gli inviati dei giornali e delle televisioni leggevano tutte le sere i loro bollettini davanti al Palazzo di giustizia di Milano con le luci sempre accese. Anni in cui solo se parlavi, vuotavi il sacco e accusavi il sistema venivi rimesso in libertà. Anni in cui gli stessi avvocati salivano le scale del Palazzo di giustizia con animo di sottomissione. Anni in cui una parte della classe politica italiana, il Pci-Pds e la sinistra democristiana, si schierò con i magistrati cui era affidata l’inchiesta e la fece franca. Oppure – come la Lega o la Rete o lo stesso Msi di Fini – ne raccolse vantaggi elettorali.
Naturalmente è la storia vista dalla parte di quanti l’hanno subita. Naturalmente c’è un’altra versione dei fatti: quella che ancor oggi va per la maggiore. E cioè la storia scritta dai vincitori e contestata, con un bell’articolo sul Garantista, da Tiziana Maiolo. Una delle poche voci che allora si levarono a difesa dello Stato di diritto e contro gli abusi che il diffuso clima giustizialista faceva passare inosservati.
Una fiction su quell’anno si può fare. Ma a patto di non dire che il 1992 ha cambiato in meglio la storia dell’Italia. E a patto di riconoscere – come ha detto Stefania Craxi – che andava preceduta da una riflessione ragionata, da una seria analisi politica non solo sull’inchiesta giudiziaria sul finanziamento illecito ai partiti (che riguardava tutti e non solo alcuni), ma sulla storia che l’ha preceduta – di crescita democratica dell’Italia – e su quella che l’ha seguita. E di cui non possiamo certo andare orgogliosi.
Gaetano Cellura