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Ne ha viste Mommo lungo una vita durata quasi un secolo. Ha conosciuto quanto sia dura l’emigrazione, il lavoro lontano dalla propria terra. Ha avuto gioie e dolori e alla fine anche le sofferenze della vecchiaia. Credo che la gioia maggiore gli veniva dall’amore per la famiglia, i figli e i tanti nipoti ai quali era sempre vicino, tutto un mondo di affetti dati e ricambiati, e anche dalle tante amicizie sinceramente coltivate.

A Licata Mommo Incorvaia era l’Assessore. L’assessore Incorvaia. Ma era anche – per tutti i parenti e gli amici giovani – “zio” Mommo. Dentro il partito, era il compagno Mommo. Con cui litigare o essere d’accordo, a seconda della discussione o della piega che prendeva il dibattito politico sulla città e la sua amministrazione del momento. Fuori poi tornava essere lo zio di tutti. E gli si stringeva la mano senza rancore.

Quando ancora usciva di casa e c’incontravamo, gli ricordavo sempre quei tempi. E lui ancora si accalorava, li riviveva con passione, sapendo dividere ragioni e torti.

Mommo Incorvaia apparteneva a un’altra civiltà della politica. Quando le distinzioni contavano. C’erano il comunista, il socialista, il democristiano, il liberale, il fascista. Mommo era socialista. Forse lo è diventato durante il lavoro all’estero, forse in quel momento della sua vita ha capito da quale parte stare. Tornato a Licata, ha messo la sua passione politica al servizio della città, chiedendo e ricevendo i voti per diventarne amministratore.

Nelle giunte di centrosinistra è stato assessore alla Nettezza Urbana. Come si chiamava allora. La città pulita era il suo vero programma politico. Seguiva il lavoro degli operatori sin dalle prime ore del mattino: e credo che qualche buon risultato allora Licata lo vide. Ma la vita è ironica. E lui è morto nel momento in cui la città registra la sua crisi più nera proprio sul problema della pulizia e dei rifiuti.

L’amministrazione comunale, il nuovo sindaco Galanti non si lasci sfuggire l’occasione di ricordarlo. Di riconoscere all’assessore Incorvaia il giusto merito.

Gaetano Cellura