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Anni fa, il giornalista e scrittore Paolo Rumiz ha raccontato la storia di Sonia Amf Kanziani, ebrea triestina sopravvissuta alle torture dei fascisti. Era il suo un viaggio nei luoghi d’Italia dimenticati e abitati dagli spiriti. Di quel luogo – si trattava di una villa in via Bellosguardo a Trieste – non sopravvive nulla. Nemmeno una lapide per ricordare gli antifascisti che vi furono torturati durante la Seconda guerra mondiale. Era chiamata Villa Triste. Requisita durante la guerra e poi subito abbattuta. E si chiede Rumiz chi ha avuto tanta fretta, abbattendola, di cancellare la memoria degli orrori che vi erano stati commessi. La risposta l’ha trovata con molta semplicità: “Con Tito alle porte, l’anticomunismo patriottico aveva oscurato l’antifascismo e la Resistenza. (…) Gli orrori delle Foibe avevano finito per nascondere i misfatti” di gente come Collotti, Verdiani e Messana. Tre siciliani che non hanno certo lasciato un buon ricordo della loro attività di repressione nella Venezia Giulia contro le bande slave per difendere l’italianità (e cioè la fascistizzazione) della regione. E dei metodi – sadici e barbari – usati per far parlare i prigionieri caduti nelle loro mani. Nel 1954 la Repubblica italiana ha insignito il palermitano Gaetano Collotti della medaglia di bronzo per il comportamento avuto in un’azione contro i partigiani sloveni.

A Sonia Amf Kanziani vennero rotti i piedi, lesionate le vertebre, ustionati i capezzoli con le sigarette, cavate le unghie, chiuse le mani nelle porte, prima di essere sottoposta alla tortura della panca. Ciò che di questa donna colpì Rumiz, intervistandola dopo tanti anni, fu il suo portamento regale e la cura che ancora riservava alla propria persona. Per questo la chiamò la Regina di Villa Triste. Ma lei, al momento di salutarlo, gli disse: “Non si fidi dell’apparenza. Per darle la mano, devo sollevare il braccio destro con la mano sinistra”.

Nel giorno del ricordo delle vittime dell’antifascismo, tra cui (anche in questo caso) molti italiani innocenti, e delle polemiche e strumentalizzazioni politiche che ne sono immediatamente seguite, ho voluto parlare di questa storia della Regina di Villa Triste, solo una delle tante altre che renderebbero troppo lunga questa nota, ho voluto parlarne non certo per negare o giustificare l’aberrazione delle Foibe, per troppo tempo dimenticate e di cui è giusto parlare. Ma solo per dire due verità. Ché tali almeno a me sembrano. La prima è persino elementare: senza il nazifascismo e le sue violenze non ci sarebbero state quelle aberranti rappresaglie. La seconda è politica: e dunque più discutibile. E cioè che il sovranismo nostrano vi speculi oggi politicamente e magari per mettere in discussione i valori della Resistenza. Quando è opportuno ormai fare i conti con la storia, creare una memoria condivisa e riconoscere che i crimini sono crimini a prescindere da chi li commette. E se sta o non sta dalla nostra parte.

Gaetano Cellura