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Gli studenti in fermento nelle piazze. Preside, cosa c’è che non va?

Non vanno tante cose. Non va l’economia e quindi tutto ciò che da essa dipende: l’occupazione, il futuro delle giovani generazioni, la coesione sociale. I giovani, che percepiscono per prima tali fenomeni, si allertano e con le loro proteste ci invitano ad attivare processi che possano determinare una speranza per il loro futuro. Le proteste sono quindi condivisibili ma devono essere  rispettose delle regole.

C’entrano solo le politiche del governo sulla Scuola, dei vari governi dovremmo dire anche dei precedenti, o i motivi della protesta sono anche di natura generazionale?

Non protesta solo la scuola, quindi le politiche scolastiche sono una delle politiche contestate. Non mi sentirei però di definire le attuali proteste generazionali

Studenti e operai insieme nelle piazze. Ritorna il ’68?

Il ’68 è stato un movimento anche “culturale”, oggi studenti e operai sono insieme in piazza perché a tutte e due le categorie viene tolta la speranza del futuro. Gli operai perdono il lavoro, mentre gli studenti non vedono la possibilità di lavoro nel futuro.

Lei è uomo di scuola, ma ha un passato nella politica. Come giudica in generale il momento che l’Italia attraversa? C’è da preoccuparsi o alla fine ne usciremo bene da questa brutta crisi?

Sono preoccupato perché anche il Governo dei cosiddetti “tecnici” non ha avuto il coraggio di tagliare gli sprechi, molti dei quali nell’ambito della politica. Spesso ha adottato provvedimenti che colpiscono le categorie “deboli” per ricavare poche risorse e si è fermato di fronte ai “forti” da cui sarebbe possibile ricavare risorse importanti per lo sviluppo del paese. Penso, però, che ognuno di noi debba fare la propria parte in questo momento, senza nascondersi dietro la solita frase “debbo salvare io il Paese?” , quando viene messo in forse un nostro privilegio. Solo una presa di coscienza collettiva potrà determinare un vero cambiamento.

Sono i giovani a essere più toccati dalla crisi. Lo dicono i dati sulla disoccupazione, sulla precarietà del lavoro. Lei, Preside, che li vede tutti i giorni, non crede sia necessario ripensare le politiche di oggi soprattutto nel loro interesse che rappresentano il futuro del paese?

Io ho molta fiducia nei giovani, anche in quelli di oggi, spesso a torto, ritenuti non idonei. Certamente sono diversi da noi, e meno male, perché altrimenti avremmo una staticità e non un’evoluzione sociale. La protesta di oggi è proprio dovuta al fatto che non vedono un futuro e quindi viene meno la loro speranza e ciò li demotiva ad impegnarsi. Loro, invece, devono continuare nell’impegno e sta a noi non deluderli, premiandoli, attuando pratiche meritocratiche e lottando contro i furbi.