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C’è un personaggio nuovo eppur antico in questo Mondiale russo del 2018. Non è il giovane Mbappé cui penserete. L’attaccante francese che ha steso l’Argentina di Messi. È un uomo nato nel ’47, distinto signore che in patria chiamano El Maestro. Perché, oltre a un passato da calciatore, ne ha uno pure d’insegnante. Da dodici anni consecutivi allena la nazionale del suo paese, l’Uruguay. Ma sulla stessa panchina era stato anche a Italia 90, eliminato proprio dagli Azzurri.

Oscar Washington Tabárez l’abbiamo conosciuto quando allenava il Cagliari (due volte) e il Milan, che lo esonerò a stagione in corso riaffidandosi a Sacchi. Dal 2016 soffre di una grave neuropatia che lo costringe a ricorrere alla stampella. Diventata in questo Mondiale il simbolo della sofferenza e della passione di un tecnico fra i più preparati. Una guida per i suoi calciatori. Non come Sampaoli, tecnico dell’Argentina, che chiedeva a loro quali cambi effettuare.

Tabárez ha seguito in piedi, trepidante, appoggiandosi alla stampella, gli ultimi minuti di Uruguay-Portogallo, finita con la vittoria-qualificazione dei sudamericani.

È un tecnico che gioca all’antica – catenaccio e contropiede, nella tradizione del calcio italiano e del calcio dell’Uruguay, da sempre la meno sudamericana delle squadre sudamericane. Quest’uomo sofferente non ha voluto rinunciare al Mondiale della sua squadra. Che ancora può contare sull’esperienza e la passione del Maestro.

(g. c.)