Pubblicità

foto palazzo di cittaDue sono gli elementi, emersi in questa nostra campagna elettorale, su cui ragionare fin da ora. Il ruolo marginale dei partiti nelle coalizioni, a tutto vantaggio delle numerose liste civiche presenti; e l’assenza (o il manifesto disinteresse) del mondo della scuola nella corsa per il sindaco o per occupare un seggio nel prossimo consiglio comunale.

È vero: non sono affatto fenomeni nuovi. E proprio per questo già avrebbero dovuto essere seriamente analizzati. Ma continuare a ignorarli non migliora certo la qualità della nostra democrazia. La proposta di legge del Pd di rendere i partiti soggetti pubblici può essere un segnale importante. Può stimolare una maggiore partecipazione degli iscritti alla loro vita interna e rendere le minoranze più garantite sul piano del dibattito, del confronto e della proposta.

La capacità delle liste civiche di guidare a Licata le coalizioni la dice lunga sulla crisi profonda dei suoi partiti. Che pure hanno dalla loro l’organizzazione, le sezioni, un più o meno forte radicamento sul territorio, una cultura politica di riferimento. E la dice lunga sul difficile lavoro che le loro classi dirigenti, passate le elezioni, devono fare per riportare gli elettori sull’asse tradizionale del centrodestra e del centrosinistra.

Quanto al mondo della scuola, da tempo a Licata non è più soggetto politico attivo. L’ultimo sindaco espressione di questo mondo è stato Ernesto Licata, più di vent’anni fa. Il confronto con il passato ancora più lontano è addirittura improponibile se si pensa a quanti uomini di scuola erano presenti in consiglio comunale e ai tanti altri impegnati nei partiti. È senza dubbio un mondo con i suoi problemi e le sue proteste, alle prese con riforme che tendono a svuotare e deprimere la scuola pubblica. Anche l’assenza in questi anni degli insegnanti nella politica cittadina, la loro lontananza dalle sedi in cui si decidono le sorti di Licata, può essere uno dei segni della decadenza culturale della sua vita pubblica.

(g.c.)