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referendum_costituzionaleEcco la novità: la Sicilia ospita la festa nazionale dell’Unità a Catania. Andarci il primo giorno per sentire Rosario Crocetta che annuncia la propria ricandidatura a governatore dell’Isola e Raciti rispondergli che non è per nulla scontata? Andarci per sentir dire a Orfini, presidente del Pd, di non comprendere il No di D’Alema alla riforma della Costituzione? Andarci per vedere sul palco la Serracchiani, Delrio e il sindaco Enzo Bianco, tutti schierati per il Sì al referendum, e non vedervi nessuno di quelli della minoranza dem favorevoli al No, salvo ripensamenti dell’ultima ora? (A proposito di Bianco: farebbe bene il sindaco a occuparsi  degli autobus cittadini e del loro ridotto numero di corse, piuttosto che della festa dell’Unità). Andarci per assistere a una festa tutta tappezzata di manifesti a favore del sì, senza tenere conto che nel Pd, in quel che resta della sua base, non tutti la pensano allo stesso modo?

Discutere con tutti dice Renzi, ma la riforma è questa: prendere o lasciare. Con il Sì l’Italia va avanti, fa finalmente le riforme di cui discute da più di trent’anni; con il No resta ferma nel mondo che cambia. Sono – ci ricorda Orfini – le riforme della Bicamerale di D’Alema: perché l’ex premier ha cambiato idea? Semplice la risposta, anche se spetta a D’Alema e non a noi darla: la Bicamerale, fatta saltare da Berlusconi, lavorava a delle riforme condivise da maggioranza e opposizione, com’è giusto quando si modificano parti importanti della Costituzione. La riforma di Renzi ha invece diviso il parlamento e soprattutto il paese. E si badi: stiamo parlando di riforme che devono durare nel tempo e sulle quali dunque un consenso quanto più ampio e bipartisan in parlamento è indispensabile per evitare che le future maggioranze possano di nuovo cambiarle a proprio piacimento.

Poi dove sta scritto che il Sì è progresso e il No è conservazione? Si diventa in Italia all’improvviso reazionari per il semplice fatto di ritenere sbagliate delle riforme su cui peraltro si è dichiarato contrario il fior fiore dei nostri costituzionalisti? La Costituzione americana, in vigore dal 1789, ha avuto in tutto questo tempo solo 27 emendamenti; la riforma sulla quale dobbiamo pronunciarci cambia 47 articoli in un sol colpo. Sono tutti conservatori anche in America?

Il problema è un altro. E sta tutto nella testa di chi s’improvvisa padre costituente a colpi di maggioranza in parlamento e cucinando un testo di riforma così “estensivo” da impedirci di poterne discutere (e votare) nel merito le singole parti. Tutto è stato messo nello stesso calderone. Per cui: votando No esprimiamo il nostro dissenso anche su modifiche giuste, come la “trasparenza” tra i requisiti degli uffici pubblici (art. 97) e come la limitazione per il governo di emanare decreti legge (art. 77); e con il Sì il nostro assenso anche su quelle che non ci piacciono o che, come dice Salvatore Settis, suscitano addirittura “gravi preoccupazioni”. Si tratta dei nuovi articoli 83 e  55. Secondo quest’ultimo ciascun membro della Camera dei deputati rappresenta la nazione, mentre nel vigente art.67 era ciascun membro del parlamento a rappresentarla. E dunque i senatori a vita, fra cui ex Presidenti della repubblica come Napolitano e Ciampi, ora non la rappresenterebbero più e sarebbero equiparati ai rappresentanti delle regioni presenti nel nuovo Senato.

Ma certo più inquietante è l’articolo 83, riguardante proprio l’elezione del Capo dello Stato. Sarà sempre il parlamento riunito in seduta comune a sceglierlo. Ma con una novità sconcertante: superati senza esito i primi sei scrutini, al settimo non è più necessaria la maggioranza dell’assemblea. Solo quella dei presenti in aula. Conclusione: se al settimo scrutinio sono presenti trenta votanti ne bastano sedici per eleggere la più alta carica dello Stato. Un Presidente votato da un tal esiguo numero di parlamentari rappresenterebbe tutta la nazione?

Si fa così una riforma della Carta più importante della democrazia e della Repubblica? Si può proporre un referendum senza consentire ai cittadini di esprimersi singolarmente sulle varie proposte di modifica? Sì a tutto oppure No a tutto, legge elettorale compresa e altro grande pomo della discordia meritevole di un discorso a parte?

Stiamo facendo dei passi indietro proprio sui principi della democrazia. Altro che conservatori quelli che si schierano a favore del No. Se si tratta di difendere la democrazia e di contrastare una riforma “progressista” sbagliata, meglio conservatori tutta la vita.

Non so se dentro il Pd è ancora possibile far valere queste ragioni, soltanto parte di un discorso ancora più generale sulla Riforma. Se è possibile si eviti di trasformare la festa dell’Unità di Catania in un carosello per il Sì.

Gaetano Cellura