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urso-angelo_2Manca un dibattito vero. Come se nascondere un certo passato,non parlarne, significasse cancellarlo; un infantilismo inutile quello di chiudere gli occhi per non vedere.
Le esercitazioni polemiche di pubblico dibattito, senza il chiedersi di come siamo arrivati a questa deriva, ci imbambolano; somigliano a una Disunione tra concorrenti, senza divario di fondo, sul fatto se Licata dei prossimi anni debba essere una piccola Parigi con il Salso al posto della Senna o se la Senna possa divenire un affluente del Salso. Lo spazio di una manifesta impotenza della nostra politica nel costruire il paese viene occupato dalla fantasia, con la quale si vorrebbe leggere la realtà. Il ricorso alla fantasia è la rivelazione di un debito inconfessato verso la città, nel volere vedere la sola faccia che si vorrebbe vedere di Licata, disegnata quasi fosse vera; e chiudere gli occhi dinanzi una bocciatura culturale prima che politica.
L’Irrazionale, e non la storia nostrana, diventa il referente della politica licatese per fare proseliti nei talk show; e a questo broadcaster è affidato il destino di noi e non a un movimento di pensiero della società civile.
La lucidità di queste fantasie capovolgono la verità, quasi si volesse bloccare il flusso della memoria ,nel fare presa sul desiderio di recuperare un lato perduto del presente, la fiducia nel sistema e nelle persone declassate.
La fede e la fantasia sono una forza creatrice se stanno insieme e se non si staccano dal dato della credibilità e serietà di una politica, oggi, gravemente compromessa. Tutti i progetti possono espandersi fino alla fantasticheria e all’immaginifico, ma senza politica, quella <vera>, sono tutti irrealizzabili.
Un’analisi sulla sconfitta della città in questi anni è impensabile; non sfiora la mente la consapevolezza della gravità su quanto è accaduto. Pare normale l’appartenere alla politica ogni cattivo esempio, l’inettitudine e ogni arroganza di qualsivoglia ambizione fallimentare e che poi si debba fare passare pure per meritocrazia. E’ il sostrato della nostra civiltà, priva di valori e pudore civico e di opportuno uso della ragione.
foto palazzo di cittaE’ certo che si può sbagliare, ma la cosa sbagliata oggi è di trarre ancora conclusioni sbagliate nel riciclare biodiversità sopra il livello junk, anche all’interno di alcune sigle politiche locali di respiro nazionale. Non affrontare le cause di un decadimento della città, di un fare della politica lo strumento di un proprio personale potere, della presenza piu’ di ras che di leader politici, di come si è arrivati a questo degrado morale e civile, rappresenta la continuità di un certo passato, non la discontinuità.

Bisogna chiedersi di questa ipocrisia fraudolenta, pagata a caro prezzo dalla città. Tra le tante cause del decadimento prima fra tutte:
a] il peccato originale della politica licatese: il vuoto politico e una identità di Licata che manca.
b] Il leitmotiv della politica licatese, del mero opportunismo nella sua motivazione di base piu’ semplice a quella della commistione tra affari privati e potere pubblico;
c]  il concetto di <bene pubblico>. Un concetto meritevole di approfondimento,che non risponde alla somma dei tanti interessi privati o privatistici;
d] l’intreccio autoreferenziale di ristrette oligarchie o gruppi di interesse;
e] il ruolo subalterno, non di “locomotiva” di partiti e di alcuni partiti, inadeguati e scollati da un rapporto di reciproco riconoscimento con la gente e con il territorio;
f] l'<Uomo Senza Qualità> di Musil, di antica militanza, bravo a muoversi e abitare solo in un un’area grigia e opaca di un millantato credito politico;incapace di interpretare la città, ma capace di porre fuori strada,in sentieri disertati dalla ragione, ogni pienezza di senso che sta nelle cose.
Il rischio che il nostro futuro faccia ritorno a una riproposizione di aborti e umiliazioni della città su scenari diversi e dal non sapersi congedare da amministrazioni fittizie e di bloccaggio della città, è presente e non è scongiurato.
La presenza di una moltitudine di candidati è la chiave di un malessere di una indignazione diffusa, di una impotenza a ribaltare una stagnazione politica, che peggiora da una tornata elettorale all’altra.
E’ l’indicazione della necessità di un valore etico incondizionato e di un riscatto intellettuale e morale prima che politico-istituzionale ed economico, contro il prevalere del cinismo e dell’indifferenza sulle sorti del paese.
La politica a Licata va ripensata e riorganizzata da gente nuova dentro e fuori dai partiti.
Priva di politica, Licata è condannata a essere serva di politiche che nulla hanno a che vedere con il territorio. La storia non è fatta con i “se” e va fabbricata oggi piu’ che mai insieme,se non si vuole che Licata si spenga e che le elezioni siano solo il dispositivo tecnico,che risponda piu’ a nulla di una comunità, tranne che a personali convenienze.
Percorsi innovatori diversi, nuovi, non ne sono nati. Resta che percorrere la “via del possibile” nel fare una scelta e dare senso a una presenza verso qualsivoglia candidato, nell’autenticità di sostegno a una domanda della città, che è quella di avere restituita la dignità, che in tutti questi anni è venuta meno. Porre e porsi la questione che indigna e inquieta, quella di edificare dopo una vittoria elettorale e non regredire, come solitamente accade da diverso tempo. Rielaborare i motivi per i quali è sorta una rabbia e fare di questa rabbia una opportunità per restituire alla città quella serietà, credibilità politica locale e nel contesto provinciale, regionale,nazionale, della quale è stata privata per troppo lungo tempo. Oggi Licata non puo’ essere ancora male interpretata dalla politica. Il simbolo dell'<Uomo Senza Qualità> di Musil, che non va del tutto perduto dentro qualche sigla politica, è quello di non riuscire a comprendere la sua antitesi, specialmente quella morale, dove in assenza di quest’ultima nessun fare politica rassicura sul contrabbando della stessa. Si tratta oggi di seminare bene sia pure in mezzo alle scorrerie del momento. E’ importante che cio’ avvenga nel riferimento etico.

Angelo Urso