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fidel-castro-535x300Companero, – disse al giornalista che lo intervistava: se non ricordo male era il grande Igor Man – companero noi non siamo comunisti: siamo umanisti”. C’erano e ci sono ancora molti significati in queste parole: “Noi siamo umanisti”. C’è il primo Fidel Castro, il significato di una rivoluzione che voleva dire libertà, liberazione. Liberazione per l’isola di Cuba dal regime di Batista. C’è (c’era) il sogno del comunismo dal volto umano: la via nuova per il mondo alle speranze e agli ideali traditi dallo stalinismo. Illusione. Altra illusione anche quella.

Presto il castrismo rivelò il volto oppressivo del comunismo. Presto anche il castrismo dimostrò che l’unica via democratica al sogno dell’uguaglianza (magari parziale) nella libertà restava la socialdemocrazia, tanto vituperata in quegli anni di illusioni pazze e di rimedi che si rivelavano peggiori del male, rappresentato dal sistema capitalistico.

Adoperiamo termini oggi obsoleti, ma attorno ai quali si giocava allora lo scontro politico, il futuro della libertà, il destino del mondo. Fidel Castro è appena morto, a novant’anni. E dopo aver disseminato la storia sua di rivoluzionario e di uomo di Stato, di leader maximo liberatore e oppressore, la storia del suo popolo, la storia del mondo e di quanti, nel mondo, d’una nuova ideologia s’erano innamorati, dopo averla disseminata di speranze e di contraddizioni.

Se non il migliore, aveva certo creato il sistema sanitario più democratico del mondo. E la stessa cosa si può dire del sistema dell’istruzione scolastica a Cuba sotto la sua lunghissima dittatura. Ma anche tante contraddizioni nella difesa del comunismo in un’isola a due passi di distanza dalla potente America negli anni cruciali della guerra fredda. La persecuzione del dissenso, il carcere per gli oppositori a quel regime profondamente illiberale che il suo a Cuba era ormai diventato. La crisi mondiale provocata dai missili sovietici nell’Isola, con il mondo che, all’inizio degli anni Sessanta, aveva il fiato sospeso per la Terza guerra mondiale pronta a scoppiare da un momento all’altro e scongiurata solo dalla saggezza di Kennedy e di Krusciov. La scomunica che gli arrivò da parte di papa Giovanni XXIII per aver portato il comunismo filosovietico nell’Occidente. Il successivo riavvicinamento alla Chiesa, ma dopo tanto tempo, durante il pontificato di Karol Wojtyla.

Fidel è sopravvissuto alla caduta del muro di Berlino. La sua dittatura su un’isola tra le più belle del mondo è durata tanto da non fargli vedere nemmeno l’evidenza. Che cioè la storia del mondo era cambiata, che tutte le contraddizioni di quella storia illiberale erano emerse con i segni inconfutabili dell’oppressione e della persecuzione politica contro ogni forma di dissenso. L’iniziale umanesimo dell’avventura rivoluzionaria aveva subito ceduto il posto alle ragioni bieche della politica e della geografia armata del mondo.

Gaetano Cellura