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C’era vita sull’isola di San Nicola. Le ricerche archeologiche condotte da diversi anni sono sfociate in una conferma che sarà pubblicata sulla rivista Sicilia Archeologica con un articolo a firma di Fabio Amato. La Rocca (uno dei simboli della città maggiormente fotografati per la sua bellezza) era pertanto abitata e sulla sua superficie sono stati scoperti i resti di una Chiesa denominata “Ecclesia Sancti Nicolai de Insula” dedicata al Santo protettore di marinai, naviganti e ancore che va a dare il nome alla Rocca di San Nicola. In quest’area, le ricerche sono riprese su iniziativa del Gruppo Archeologico Finziade di Licata, con la direzione scientifica della Soprintendenza del Mare. “Il dato più interessante viene dalla sommità dello scoglio di San Nicola: seguendo le ancore – spiega Fabio Amato (responsabile degli scavi per il Gruppo Archeologico Finziade) – siamo giunti sull’isolotto dove, grazie all’ausilio di un drone e all’esecuzione di ricognizioni di superficie condotte nel 2014, è stato possibile individuare, tra la vegetazione spontanea, una costruzione absidata inglobata all’interno di un grande complesso architettonico composto da ambienti e cisterne per la raccolta delle acquee meteoriche. Le immagini aeree – continua Amato – inoltre hanno evidenziato in modo chiaro e ineluttabile la presenza di una banchina scolpita nella roccia, oggi sommersa e ricoperta dalla vegetazione marina”. Ovviamente la scoperta sta già facendo e farà discutere in ambito di archeologia subacquea. Tanto da far restringere il campo d’azione dell’indagine marina futura proprio alla zona della Rocca di San Nicola. “L’interesse che il sito sta suscitando – continua Fabio Amato – è uno dei motivi principali che spingerà a dirottare da qui ai prossimi anni le ricerche che il Gruppo Archeologico Finziade e la Soprintendenza del Mare svolgono, grazie alla fondamentale sponsorizzazione della Cuttitta”. Indagini che proseguiranno nei prossimi anni con un obiettivo ben preciso in fondo. “La speranza è quella di riuscire a trovare dati ancora più confortanti che permettano, con estrema esattezza, di ricostruire la cronologia di vita di questa porzione di territorio e quella – conclude Amato – di avviare dei percorsi di valorizzazione dei resti archeologici individuati, rispolverando il progetto di costituzione di un’area marina protetta inseguito da diversi anni da molte associazioni operanti a Licata”.