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Noi avevamo un maestro, che oggi condividerebbe il dispiacere per La Vedetta che chiude. Ne era il condirettore e, per un breve periodo, anche il direttore – durante un momento di crisi del giornale. Forse sarebbe di tutti il più dispiaciuto. Perché Camillo Vecchio – maresciallo della guardia di finanza, giornalista pubblicista, corrispondente dell’Ora, collaboratore della Gazzetta del Sud – amava scrivere e credeva nella forza della denuncia civile propria di un giornale locale.

E in quegli anni (come in questi, peraltro) c’era tanto da denunciare. Con la differenza che allora il potere politico a Licata era più compatto e solido. Lo identificavi nella Dc e nei suoi alleati di governo e aveva un volto che non invecchiava. Oggi il potere politico cittadino è più instabile e camaleontico. Varia e complessivamente dura di meno, cambia interpreti con più facilità. Anche perché non hanno gli attuali interpreti il radicamento nel territorio e lo spessore politico dei loro (ormai) lontani predecessori.

Contro quel potere Camillo Vecchio si schierò spesso. Dal quel potere venne “richiamato”. Lui non se ne curava e anzi, nei suoi articoli, rincarava la dose. Pronto a prendere le nostre difese (come faceva anche Lillo Carità, ma da lontano) quando a qualcuno di noi, cioè dei collaboratori più giovani, veniva riservato lo stesso trattamento.

Sono stati lunghi anni. Pieni di orgoglio e di soddisfazione. E ora che La Vedetta chiude è giusto ricordarli. Come è giusto ricordare lui, il più anziano di tutti, che l’avventura l’ha iniziata senza vederla finire.

Gaetano Cellura