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firmaprotocolloIn provincia di Agrigento, le metodiche intimidatorie e la rete di collusioni con pubblici amministratori ed esponenti politici costituiscono un fattore di costante condizionamento, che incide sulle decisioni di carattere politico-amministrativo. L’interesse delle famiglie mafiose agrigentine è diretto soprattutto all’intercettazione di danaro destinato alla realizzazione di opere pubbliche. Nelle più recenti relazioni della Direzione Investigativa Antimafia si legge a chiare lettere che, nella nostra provincia, la mafia si avvale “con sistematicità” del supporto e della “compiacenza di esponenti della Pubblica Amministrazione”. Questo forse spiega perché per le nostre strade non c’è sangue, non ci sono omicidi. Ma le vittime ci sono e sono tantissime: i cittadini, gli agrigentini, il loro territorio, le cui prospettive di sviluppo restano fortemente condizionate dalla criminalità organizzata. La lotta a Cosa nostra agrigentina, pertanto, non può che passare dalla lotta alla corruzione nella Pubblica Amministrazione. Questa è la strada, lunga e impervia, che rappresenta un passaggio essenziale per il cambiamento e lo sviluppo. Ieri, presso il Comune di Canicattì, “A testa alta” e il “Consorzio Agrigentino per la Legalità e lo Sviluppo” (di cui fanno parte i Comuni di Agrigento, Favara, Canicattì, Naro, Siculiana e Palma di Montechiaro) hanno firmato un protocollo d’intesa finalizzato alla realizzazione di un rapporto sullo stato di attuazione delle disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nei 43 comuni della provincia di Agrigento. Uno screening sullo stato dell’infrazione delle regole da parte di chi ci amministra, per capire dove si annida la corruzione e per offrire un contributo alla riflessione nelle varie sedi istituzionali e alla conoscenza da parte dell’opinione pubblica delle questioni connesse all’efficace attuazione degli strumenti di prevenzione della corruzione e delle illegalità nella Pubblica Amministrazione.