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Chiamava Rivera l’Abatino, Gigi Riva Rombo di tuono, Causio il Barone e il granata Paolino Pulici Puliciclone. Ma basta andare su Wikipedia per fartene venire in mente tanti altri di soprannomi da lui inventati per i calciatori italiani. E tutti rispecchiavano la sua idea, molto fisica, del gioco del calcio. Gianni Brera è morto una notte di venticinque anni fa, il 19 dicembre del 1992. Una fine che per lui non avresti mai immaginato. Incidente d’auto nei pressi di Codogno mentre rientrava a casa dopo una cena con gli amici in cui certamente aveva sciorinato, come altre volte, le sue conoscenze in fatto di gastronomia e di vini.

Nemmeno per Bufalino avresti mai immaginato quella fine, quattro anni dopo. Incidente d’auto anche per lui, sulla Vittoria-Comiso. Perché erano due scrittori abbarbicati alla scrivania e alla macchina per scrivere. E ti veniva difficile non pensarli nel tepore delle rispettive stanze, tra i libri e il ticchettio della Lettera 62, nel momento estremo dell’addio.

Brera non era soltanto un grande giornalista sportivo. Vero mito. Era un scrittore che ha arricchito di nuovi termini la lingua italiana – e il linguaggio sportivo in specie. Termini come catenaccio, contropiede, libero. Per indicare rispettivamente il gioco difensivo, le ripartenze per colpire gli avversari sbilanciati in avanti e il regista difensivo, libero da compiti di marcatura. Riteneva i calciatori italiani inferiori a quelli degli altri paesi per prestanza atletica. E da qui la sua convinzione che bisognava fregarli d’astuzia: aspettarli nella propria metà campo e ripartire in contropiede sfruttando gli spazi che lasciavano. Una tattica difensiva che aveva permesso al Milan di Rocco e all’Inter di Herrera di vincere le coppe internazionali.

Per questo entrò in polemica alla fine degli anni ottanta con Arrigo Sacchi (da lui chiamato Righetto). Che, guidando il Milan degli olandesi, proponeva un calcio offensivo. Imponendosi a sua volta in campo internazionale con un sistema di gioco completamente diverso.

Gianni Brera seguiva con passione anche il ciclismo, l’atletica e il pugilato. Fumava la pipa (come Simenon) oppure il sigaro. Scrisse molti libri, tra cui Storia critica del calcio italiano. Ha diretto il Guerin Sportivo e collaborato con molti altri giornali. L’ultimo è stato la Repubblica, dove firmava il martedì quasi un’intera pagina di commento ai risultati della domenica. Ha partecipato a trasmissioni come la Domenica Sportiva e Il processo del lunedì.

(g.c.)