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L’anno scorso, su iniziativa dell’associazione A testa alta, è stata apposta una lapide in via Marconi, nel luogo dell’uccisione di Vincenzo Di Salvo. Una manifestazione nutrita e molto commovente cui hanno partecipato i familiari del sindacalista vittima della mafia. Quest’anno è ancora l’associazione licatese a ricordarlo nel 60° anniversario dell’omicidio. Con un dibattito il 17 marzo nell’aula capitolare del Carmine (inizio alle ore 9.30) e con un corteo che dal corso Roma raggiungerà via Marconi. Aderiscono all’iniziativa il Centro Pio la Torre, l’associazione Libera e la Cgil provinciale e regionale.

Vincenzo Di Salvo, rappresentante degli edili di Licata, lavorava alle dipendenze della ditta Iacona. La ditta che si era aggiudicata l’appalto per dotare la città di una rete fognaria.

Erano anni di pochi diritti riconosciuti nel mondo del lavoro. Ma anche di una coscienza sindacale che si andava formando. Coscienza del diritto al salario soprattutto, e al suo regolare e puntuale pagamento. Che la ditta Iacona non rispettava.

E per questa legittima rivendicazione Vincenzo Di Salvo fu ucciso, a trentadue anni, la sera del 17 marzo del 1958. Con un colpo di pistola al petto sparato da un mafioso. Arrestato e riconosciuto colpevole grazie alla testimonianza dei compagni di lavoro del sindacalista licatese, presenti quella sera in via Marconi e sconvolti dalla scena dell’omicidio.

(g.c.)