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downloadMeglio i Borboni, che costruirono – era il 1839 – la prima linea ferroviaria in Italia: la Napoli-Portici. Il Piemonte, che avrebbe unificato (o diviso ancora di più) il paese, acquistò da loro, dall’arretrato, per la storia, Regno delle due Sicilie, la sua prima locomotiva. Proprio la ferrovia è, da oltre un secolo abbondante, uno dei tanti aspetti di quella che ancora chiamiamo Questione meridionale. La “questione” d’un paese duale con un nord industriale e progredito e un sud agricolo e arretrato.

Il paradosso dell’Italia, quasi sempre malgovernata, è che si parla di grandi opere – TAV, ponte sullo stretto – mentre mancano quelle essenziali: necessarie tutti i giorni per rendere facile la vita a chi lavora, a chi viaggia e a chi viaggia per lavorare o per studiare. Le vittime dello scontro tra due treni in Puglia erano in prevalenza lavoratori e studenti pendolari. Treni a centodieci all’ora su binari unici e con il personale viaggiante, ridotto a un solo macchinista e a un capo treno, che comunica ancora per telefono con la stazione più vicina.

Basta chiedere ai tanti operai licatesi dell’Eni, che hanno passato l’intera vita lavorativa a fare avanti e indietro da Gela, per avere notizie precise su cosa sia la vita del pendolare. Ritardi accumulati per segnali mal funzionanti, attese nelle stazioni di Falconara o di Butera proprio per evitare (sul binario naturalmente unico) disastri come quello di ieri e la linea resa impraticabile già dalle prime piogge autunnali. Insulare o continentale, il Sud è un paese davvero “unico”. Come i suoi binari.

(g.c.)