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questa-mafiaRenato Candida ha lasciato buoni ricordi ad Agrigento e in tutta la provincia. Come carabiniere e come scrittore. Aveva accettato di contraggenio il trasferimento da Torino alla Città dei Templi, di cui sapeva poco. E cioè che era stata una “opulenta città della Magna Grecia” e che aveva dato i natali a Pirandello.

Pure poco o nulla sapeva di mafia. Ma l’esperienza che ricava dalla permanenza nel nostro capoluogo (1955-1957) gli è molto utile non solo sul piano professionale. Senza quest’esperienza infatti – e fu lui stesso a riconoscerlo – il maggiore Candida, comandante provinciale del Gruppo Carabinieri di Agrigento, mai avrebbe pensato di scrivere un rigo, di dar libri alle stampe.

Ne scrisse tre: Questa mafia, Mafia insoluta (diario dei suoi due anni agrigentini) e il bellissimo Idillio di provincia (viaggio nella valle del Platani fino a Cammarata): il migliore sul piano letterario.

Il libro che si ristampa – per la terza volta, dopo le edizioni del 1956 e del 1984 – è il primo: Questa mafia. Con la prefazione del presidente della Corte d’Appello di Caltanissetta dottor Salvatore Cardinale. Sarà presentato ad Agrigento (Casa Sanfilippo: 13 dicembre ore 17)) alla presenza delle più alte autorità provinciali, di Maria Luisa Candida figlia del Maggiore e del presidente del Centro culturale Pier Paolo Pasolini.

Si tratta di un saggio di centocinquanta cartelle  sulla mafia – a Sciacca, Siculiana, Bivona, Favara, Canicattì, Licata e Palma di Montechiaro – scritto sessant’anni fa e dedicato “alla memoria dei carabinieri, umili eroi” caduti nella lotta, “ininterrotta e cruenta”, a questo fenomeno delinquenziale.

A noi interessa per quello che dice su Licata: un paese di 37 mila abitanti, la cui economia si basa sulle attività agricole e sulla pesca sfruttate dalla mafia “fino all’inverosimile”. E in effetti questo è il quadro della nostra città negli anni Cinquanta. Nel 1955 viene ammazzato il vicesindaco democristiano Giovanni Guzzo; e l’anno dopo il massaro Angelo Lauria in una escalation di attentati e altri omicidi. E degli arresti che vi posero fine.

Gaetano Cellura