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È stato in Belgio: lì ha lavorato come tanti altri emigrati licatesi e qui è tornato per godersi la meritata pensione. E per mettersi in politica, visto che i voti non gli mancavano. Sempre eletto. Sempre tra i primi eletti del partito socialista negli anni ottanta. Lo cercavano Lauricella e Di Caro. Lo cercavano i compagni terra-terra della sezione. Lo cercavano gli amici che aveva in tutti i partiti. Lui sempre disponibile a impegnarsi per la città e a portar acqua al mulino del partito. Che di voti non ne aveva tanti: era il terzo o il quarto a Licata, tutti dietro la Dc.

Da un po’ di anni zio Mommo, il compagno Mommo Incorvaia non esce di casa. È impossibilitato a farlo. Non so ora quanti anni abbia con precisione. Ma non sono pochi. Negli ultimi tempi, quando ancora usciva, si poteva incontrarlo al bar di via Principe di Napoli e discutere con lui – il mare di fronte come primo orizzonte. Discutere dei bei tempi andati. Ricordarli lo riempiva di calore umano e di entusiasmo politico. Le sezioni affollate (lui ne aveva una, alla Marina, di cui era quasi sempre segretario): i congressi del Garofano che nessuno allora immaginava appassito, un giorno: i dibattiti accesi e le divisioni in correnti: e chi era con Lauricella, chi con Reina, chi con Granata. Ma tutti con Craxi, sino alla fine.

Più del partito, l’amministrazione della città per lui contava. Mommo Incorvaia è stato più volte assessore in giunte di centrosinistra. E si sapeva quale posto gli doveva toccare, quale assessorato assegnarli. Quello che sapeva far meglio funzionare: l’assessorato alla Nettezza Urbana. Perché per zio Mommo, il primo obiettivo politico era tenere pulita Licata. Sempre. E non si risparmiava in questo suo compito. Lavorava e faceva lavorare tutti gli operatori.

Nessun altro assessore aveva il suo zelo, mostrava lo stesso impegno nel ramo di competenza. Alle quattro del mattino, quando dall’Autoparco usciva il primo autocompattatore, l’assessore Incorvaia era già presente. Pronto a verificare che tutto fosse a posto. E nessuno l’obbligava a farlo. A fare gli straordinari. Ma zio Mommo era così. Portava nel governo di Licata la sua cultura antica del lavoro, della presenza, della sorveglianza e della verifica.

E tutto funzionava. Licata era pulita, i cassonetti venivano regolarmente svuotati. Nulla di lontanamente simile a quel che vediamo oggi: la città invasa dai rifiuti, sporca come non mai, con il problema serio del randagismo. E senza sindaco. Perché il consiglio comunale ha avuto la geniale idea di sfiduciarlo.

Era ancora il tempo del pubblico. La politica delle privatizzazioni selvagge una variabile che nessuno prendeva in considerazione. Era ancora il tempo della ragione illuminata. E di quel tempo il compagno Mommo Incorvaia, con il suo impegno politico e la sua cultura del lavoro, è stato uno degli ultimi protagonisti. Vedere com’è ridotta la sua città, dove l’immondizia regna sovrana, lo farà sicuramente inorridire.

Gaetano Cellura